I due crolli avvenuti domenica a Pompei nell'arco di poche ore riportano l'attenzione sullo stato di degrado del sito archeologico napoletano. Da alcuni anni la situazione della città di epoca romana sommersa dall'eruzione del Vesuvio del 79 d.C, dal 1997 patrimonio dell'umanità dell'Unesco, rappresenta infatti uno dei maggiori talloni di Achille dei ministri dei Beni Culturali che si sono avvicendati.
I primi campanelli d'allarme sotto il ministero Bondi - I primi importanti campanelli di allarme arrivano nel 2009. Il 6 novembre 2010 con il crollo della Domus dei Gladiatori, sbriciolatasi sotto il peso di un tetto in cemento armato e per le infiltrazioni d'acqua dovute alla pioggia, si scatenano le polemiche. Nell'occhio del ciclone finisce l'allora ministro Sandro Bondi. Bondi si difende, spiegando che se fosse responsabile lascerebbe. Poi, sottolinea che il problema non sono le risorse, ma il modo in cui sono gestite, chiamando in causa i sovrintendenti, che per tutta risposta gli ricordano i pesanti tagli al settore.
Meno di un mese dopo, il primo dicembre, crollano due muri della casa del Moralista, fortunatamente senza affreschi, e Bondi propone un piano straordinario per la manutenzione con il ritorno di una soprintendenza autonoma con poteri più incisivi.
Galan e il nuovo piano di manutenzione programmata - Il nuovo ministro, Giancarlo Galan, nel marzo 2011 sceglie Pompei per la sua prima conferenza stampa e promette un piano di manutenzione programmata che punti anche sul coinvolgimento di sponsor e che sfrutti i fondi europei. A ottobre, però, crolla un altro muro romano, probabilmente per la pioggia, a cui seguiranno nei mesi successivi altri cedimenti.
Il sostegno della Commissione Ue - Un anno dopo, arriva il sostegno europeo. La Commissione Ue approva un piano per 105 milioni di euro. I lavori, annuncia il nuovo ministro dei Beni culturali del governo Monti, Lorenzo Orgaghi, partiranno in autunno. I lavori, per restaurare le cinque Domus del sito, iniziano invece a febbraio 2013.
L'altolà dell'Unesco e il timore di infiltrazioni mafiose - In aprile è il turno del governo Letta. Il neoministro Massimo Bray, che va in visita privata a Pompei in Circumvesuviana, promette: "Mai più un caso Pompei". Quindi annuncia la nascita del progetto Grande Pompei con una soprintendenza speciale con Ercolano e Stabia. Ruolo per il quale viene nominato Massimo Sanna. Nel frattempo, per fortuna, riapre dopo un anno di restauri la Casa degli Amorini Dorati, una delle più famose del sito, registrando il boom di visite.
Poi però arriva l'altolà dell'Unesco: il governo ha tempo fino al 31 dicembre per adottare misure idonee per Pompei, denunciando carenze strutturali. Nel frattempo, spunta anche l'ombra della camorra, e la Dia ispeziona i cantieri contro il rischio di infiltrazioni mafiose. Intanto, la pioggia e l'incuria continuano a flagellare i resti romani, provocando nuovi cedimenti, fino ad oggi. La "patata bollente", adesso, è nelle mani del neoministro Dario Franceschini.