Un microfono e il suo pubblico, Loredana Berté non ha bisogno di altro. Al diavolo le provocazioni, i look stravaganti, la sregolatezza. A 63 anni, di cui 40 di carriera vissuti senza mai risparmiarsi, l'unica cosa che le interessa oggi è essere se stessa. Con il coraggio che non le è mai mancato, ammette che è il risultato delle cose che ha visto, della vita che ha vissuto. Sempre fedele alla sua immagine, senza smentirsi, la signora rock della musica italiana adesso osa solo con la sua voce, intensa e graffiante come forse non è mai stata. E al Teatro Nazionale Barclays di Milano regala quasi tre ore di successi e brani lontanissimi, che sono però emozioni, poesie, carezze del cuore.
Tira fuori dai cassetti dei ricordi, cimeli come "Indocina", "Una sera che piove", "I ragazzi di qui", quella canzone che Ivano Fossati scrisse per lei quando a New York sbaglio indirizzò e si trovò ad Harlem. Omaggia Luigi Tenco con una versione tutta sua di "Ragazzo Mio", Rino Gaetano con "Il cielo è sempre più blu" e Fabrizio De André con "Fiume Sand Creek" e quella "brutta pagina di storia americana". Non racconta più le disavventure con l'imbianchino, le tende che ancora le mancano nella casa perennemente in costruzione. Ma canta.
D'altronde per una come Loredana, che negli Anni Ottanta scodellava spaghetti per Andy Warhol e cenava alla casa Bianca con il presidente Bush senior, cosa ci sarebbe da aggiungere? Più di ogni parola sono i video, bellissimi, proiettati sul palco alle sue spalle, che raccontano l'esistenza altalenante dell'artista più pura della musica italiana. C'è Loredana col pancione a Sanremo, Loredana con l'abito da sposa, Loredana degli eccessi. E c'è una Loredana dolcissima come una torta di compleanno mai tagliata quando scorrono le immagini che la ritraggono vicina all'adorata Mia Martini. Loredana di ieri e di oggi, capace di emozionare (Barbara d'Urso che la applaude in platea a stento trattiene le lacrime) ed emozionarsi quando canta, e la voce sembra uscire dal profondo, "Zona Venerdì", quel brano che lei stessa scrisse dopo la morte della sorella Mimì.
La Berté ama ripetere che non ha ancora fatto pace con la vita, ma stavolta sta provando, davvero, a fare pace finalmente con se stessa. E il pubblico, trasversale - ci sono i ragazzini e le mamme, ci sono gli addetti ai lavori chic della moda e gli operai che arrivano persino dalla Sicilia - la ricambia. Sold out. Neanche una poltrona libera, tutto esaurito. Arriva quindi il momento dei cavalli di battaglia, da "Non sono una signora" a "In alto mare". Il teatro esplode: Loredana è felice, alza la testa al cielo, si inchina, poi allarga le braccia, come se idealmente volesse ringraziare uno ad uno i fan. Che la fanno sentire viva, che la spronano ad andare avanti. E che sono sempre pronti a rispondere quando la star chiama. D'altronde, comunque vada, Loredana Berté vale sempre il biglietto.
Ps: se tra qualche anno vi capiterà di vedere Madonna o Lady Gaga con la ricrescita bianca dei capelli, è solo perché la stanno imitando per l'ennesima volta.
IL TOUR
Il 3 marzo a Bologna, il 18 all'Auditorium di Roma, il 22 a Senigallia. Il 5 aprile a Cesena, il 17 al Teatro Acacia di Napoli e il 19 il ritorno in Calabria, al Teatro Cilea, di Reggio, vicino a Bagnara Calabra, dove è nata.