La direzione Pd ha votato la sfiducia al premier Enrico Letta e lancia il suo segretario, Matteo Renzi, verso la guida di un nuovo governo. L'obiettivo è un "cambiamento radicale" e l'orizzonte del 2018. Renzi ha dalla sua la grande maggioranza della direzione. Letta, che del Pd è stato vicesegretario, assiste da Palazzo Chigi al voto dei compagni che chiudono la stagione del suo esecutivo. Andrà da Napolitano per le dimissioni. Da chiarire con quale programma e con quale sostegno nascerà il nuovo esecutivo.
In una giornata ad alta tensione, fino all'ultimo gli "ambasciatori" democratici provano a convincere Letta a farsi da parte ed evitare al Pd il rito di un voto di "sfiducia". In mattinata a Palazzo Chigi si presentano il portavoce della segreteria Lorenzo Guerini e i capigruppo Roberto Speranza e Luigi Zanda. A Letta prospettano (il partito però smentisce) il ministero dell'Economia in un governo che abbracci il suo programma Impegno Italia. Ma il premier tiene il punto. Vuole che a viso aperto Renzi dichiari di voler prendere il suo posto. Pretende che il Pd si pronunci con un voto.
IL DISCORSO - Il segretario, da parte sua, non si tira indietro. E lima il documento che alle 15.30 legge davanti ai 160 membri della direzione Pd. Una trentina di righe. Per invocare "un nuovo esecutivo" che abbia "un orizzonte di legislatura", fino al 2018, per fare le riforme economico-sociali e istituzionali necessarie per il Paese. Il testo si apre con un grazie a Letta, per "il notevole lavoro svolto in un momento delicato" e "assume Impegno Italia come contributo". Ma poi chiede "una fase nuova".
Renzi legge il documento, poi scandisce: "Non si tratta di una staffetta. Staffetta è quando si va nella stesa direzione e alla stessa intensità, non quando si prova a cambiare ritmo". Non si può continuare così, puntualizza. "Siamo di fronte a un bivio": da un lato le elezioni, dall'altro una "legislatura costituente". Il voto anticipato, spiega, "ha un fascino", ma non "risolverebbe i problemi", anche perché non c'è una legge elettorale in grado di consegnare maggioranze stabili.
"PAGINA NUOVA" - Dunque, afferma Renzi, il Pd deve "rischiare" e "prendersi la responsabilità" di proporre un "patto di legislatura". Un "rilancio radicale", l'apertura di una "pagina nuova". Non in polemica "verso Enrico", assicura il segretario. Che non affonda il colpo, non trasforma la direzione in un "processo al governo". E al Pd chiede: "Usciamo tutti insieme dalla palude".
Dopo due ore e mezza di dibattito, i membri della direzione alzano i badge, inquadrati dalle telecamere della diretta streaming: una maggioranza schiacciante approva il documento letto da Renzi. I sì sono 136, votano no i 16 civatiani, si astengono Fassina e la bindiana Miotto. I lettiani lasciano la sala in anticipo: non partecipano al voto.
LE DIMISSIONI - La presa d'atto di Letta non si lascia attendere. Dopo appena cinque minuti, il premier annuncia di aver "informato" il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, della volontà di recarsi, dopo un ultimo Cdm, al Quirinale per "rassegnare le dimissioni".