Una persona è stata portata nella caserma del comando provinciale dei carabinieri di Varese, per accertamenti sull'evasione di Domenico Cutrì. La fuga del boss camorrista, ancora ricercato, risale a lunedì. L'uomo sarebbe stato fermato per un controllo a Buscate, nell'Alto milanese, mentre era a bordo di un'auto. Era con due persone, che sono però risultate estranee alla vicenda.
Gli investigatori sperano di trarre informazioni utili su dove si trovino i due fuggiaschi anche da quanto trovato nelle due basi utilizzate per l'evasione: uno in via Celsi, a Gallarate, al primo piano in una palazzina in una corte, dove erano state inizialmente nascoste le armi usate per l'azione.
Qui, con tutta probabilità, è rimasto per tre giorni Daniele, il terzo fratello Cutrì, accusato di fare parte del gruppo di fuoco che mercoledì è tornato a casa per poi essere fermato dai carabinieri che l'avevano tenuto d'occhio tutta la notte nella speranza che facesse qualche passo falso che consentisse di individuare l'evaso. L'altra base, in cui si erano rifugiati i componenti del commando e l'evaso, era a Cellio, nel Vercellese.
Nei covi oltre 100 cartucce calibro 22, targhe rubate di autovetture, parrucche, una paletta del tipo in uso alle forze di polizia, il libretto di circolazione della Nissan utilizzata nell'evasione a Gallarate.
Nella villetta in stile rustico di Cellio, una delle seconde case che i proprietari sono soliti affittare per le vacanze, anche una gigantografia di Domenico e Antonino Cutrì, a simboleggiare il forte legame tra i due che ha portato Nino a farsi uccidere, pur di far evadere l'ergastolano.
Nel frattempo, il gip di Busto Arsizio, Luca Labianca, si è riservato di decidere sulla convalida del fermo (appaiono, però, scontate la convalida e la custodia cautelare) di Davide Cortesi, Danilo Grasso e Christian Lianza, i primi tre fermati perché accusati di aver fatto parte del gruppo di fuoco. Due si sono avvalsi della facoltà di non rispondere.
Si è saputo anche che a consigliare la compagna di Nino, Carlotta Di Lauro a tornare con il figlio di cinque anni a casa dei genitori, dove i carabinieri gli hanno notificato il provvedimento di fermo, è stato il professor Carlo Taormina, storico difensore di imputati in Tangentopoli.
Era stata la ragazza a contattarlo e il legale le ha detto di tornare a casa, con tutta probabilità, Taormina, che aveva già assistito Antonino, ne assumerà la difesa, sin dall'udienza di convalida lunedì mattina.