Ci sono vuoti che non si colmano. La morte di Fabrizio De André è uno di quelli. Su di lui è stato detto di tutto: cantautore, poeta, era anche un ottimo chitarrista. Di gran lunga migliore della media dei suoi colleghi. Ivan Graziani a parte, probabilmente.
Il vuoto non si colma perché quel suo modo tutto speciale di avere punti di vista spiazzanti, al limite dell'irriverenza anarchica, a 15 anni dalla morte non è stato colto da nessuno. Certo, molti rapper hanno proseguito la tradizione di denuncia sociale ma nessuno ha mai colpito il pubblico in modo così trasversale e intergenerazionale come De André.
Fabrizio ci portava sulla cattiva strada. Quello era il suo "dovere" e forse anche il suo "piacere" di cantante. Prostitute, soldati, travestiti, nani e bombaroli. Il parterre de rois dei personaggi ci racconta una umanità spezzata, eppure sempre dignitosa. Le canzoni intime, quelle politiche, quelle che fanno sognare, parlano dei cuori delle persone senza banalità e spesso senza nemmeno troppa accondiscendenza.
Perché gli uomini sono uomini, nel bene e nel male. E così vanno raccontati. Questo è il testamento che Fabrizio De André ci ha lasciato. E che nessuno ha ancora aperto.
(Foto dal sito FondazioneDeAndré.it)
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