"Orfani come orfani di guerra. I protagonisti della serie sono infatti un gruppo di ragazzini sopravvissuti per miracolo a un attacco al nostro pianeta da parte di un nemico alieno e sconosciuto, che ha condannato la Terra. Verranno addestrati per diventare dei soldati di un livello superiore e per vendicare la razza umana. Tutto qui? Non proprio. Ma la storia si svelerà lentamente, albo dopo albo". Così parlò Roberto Recchioni, che in un'intervista introduceva "Orfani", la serie della quale è creatore ("disegnatore ufficiale" e coautore è l'ispiratissimo Emiliano Mammucari, le copertine sono di Massimo Carnevale), ormai da tre mesi in tutte le edicole.
Una serie "storica", se vogliamo, visto che è la prima interamente a colori della Sergio Bonelli Editore, che via via si sta svelando, come promesso dal suo creatore, e che si sta confermando come una delle migliori uscite di questi ultimi tempi. Con Recchioni abbiamo parlato dei "suoi" Orfani ma anche di Dylan Dog, visto che in Bonelli è diventato il curatore della serie che riguarda l'Indagatore dell'incubo.
Siamo già arrivati al numero tre di "Orfani", siamo entrati nel vivo della narrazione. Cosa ti ha sorpreso nella reazione dei lettori?
L'entusiasmo con cui siamo stati accolti da lettori giovani o non strettamente legati al fumetto Bonelli o al fumetto in generale. Questo in senso positivo. Di contro, mi ha stupito pure il veleno e l'ostilità che ci hanno riservato una piccola frangia di lettori tradizionalisti e di alcuni addetti ai lavori.
C'era invece qualcosa che ti aspettavi notassero e che invece non è stata notata da nessuno?
In realtà, sì e no. Nel senso che "Orfani" è una serie piena di piccoli dettagli che andranno al loro posto, numero numero dopo numero. Sapevo che certe cose non sarebbero state viste ma spero che, prima della fine, i lettori notino tutto quello che c'è da notare.
Per chi ancora non ha letto "Orfani", dai tre buoni motivi per farlo...
Non sono mai bravo a fare queste cose, mi sembra di essere un venditore d'auto. Posso dire che io credo che "Orfani" sia un fumetto decisamente dinamico e pieno di sorprese e dramma. Se vi interessano queste cose, provatelo.
Nel tuo blog ti diverti a spiegare il dietro le quinte dell'albo, svelando tutte le citazioni che sono raccolte in ogni storia. Quali sono le tue principali fonti d'ispirazione?
Qualsiasi cosa, dal cinema alla letteratura, ai giochi di ruolo e alla musica. Ho avuto la fortuna di crescere in una casa con molti libri, divisi tra quelli di mia madre, che ama la letteratura russa, e quelli di mio padre, appassionato di fantascienza e western. Questo significa che sono cresciuto non vedendo alcuna differenza tra cultura alta e cultura bassa, tra genere e non-genere, e la cosa mi ha aiutato a fruire liberamente di un poco di tutto.
Orfani segna una svolta in casa Bonelli, un mensile tutto a colori è una novità. Ci racconti come eri riuscito a convincere il compianto Sergio?
Non è stato difficile. Anzi, si può quasi dire che l'idea sia venuto da loro. Noi avevamo proposto di realizzare un primo albo a colori e la Sergio Bonelli Editore ha rilanciato, proponendoci di realizzarla tutta a colori. Può sembrare strano ma Sergio Bonelli era molto meno tradizionalista di quanto si credeva. Ma basta guardare davvero tutto quello che ha stampato nel corso della sua carriera.
Sei anche curatore di "Dylan Dog", qualcosa di nuovo nella serie si è già visto. In sintesi come sarà il "nuovo" Dylan targato Recchioni?
Nell'idea mia e di Tiziano (Sclavi, creatore del personaggio, ndr) , Dylan deve tornare a essere quello che era: un personaggio sorprendente e capace di inquietare il lettore, non solo con l'orrore ma con domande esistenziali importanti. Per fare questo, abbiamo deciso di destabilizzare il personaggio, in primo luogo, togliendogli alcune certezze e punti fermi, smontandolo prima di ricostruirlo.
Tiziano Sclavi schivo e allergico all'abbraccio dei fans, a prima vista tu sembri tutto l'opposto. Dylan risentirà di questa "diversità" tra voi due?
Non lo so. Spero di sì, nel bene e di no, nel male. Non voglio essere troppo presente come sceneggiatore sulle pagine di DYD, voglio, piuttosto, aiutare una squadra di bravi sceneggiatori a dare il meglio. Poi ognuno lo farà a seconda della sua sensibilità.
Hai già anticipato che manderai l'ispettore Bloch, amatissimo dai lettori, in pensione. Come mai?
Bloch è un grande personaggio. Ma il suo ruolo di ispettore di Scotland Yard, amico di Dylan e sempre pronto ad aiutarlo, lo ha sclerotizzato. Mandarlo in pensione significa togliere un punto fisso a Dylan e, soprattutto, dare a Bloch una nuova libertà d'azione che lo renderò un protagonista più vivo e presente nelle storie.
Stato di salute del fumetto. Si è parlato di crisi per anni e anni, ora come la vedi?
Quando ho iniziato a lavorare in questo settore, vent'anni fa, si parlava di crisi. Oggi è lo stesso. In mezzo sono nate mille case editrici, mille iniziative editoriali, e mille personaggi. E' la crisi più lenta del mondo. La verità è che il mercato si trasforma e fraziona. Il parco lettori resta sempre, più o meno, lo stesso, l'offerta si moltiplica e specializza. Negli anni '60 c'erano i lettori di "Gialli", oggi ci sono i lettori di trhiller, di legal thriller, di gialli all'inglese, di hard boiled, di noir, di gialli storici e via dicendo. Il macro genere è lo stesso, ma i lettori si sono divisi in mille rivoli e correnti. Non esiste più un singolo prodotto massificato capace di incontrare mille lettori diversi ma esistono mille prodotti diversi, capaci di incontrare i gusti di un singolo lettore. Ovvio che questa cosa crei qualche problema ma non è una crisi "del fumetto", al massimo è una crisi di alcune aziende, o di certe opere-prodotti.
E Internet, che molti hanno definito uno degli "assassini" del fumetto, può invece essere un mezzo che può aiutare le nuvole parlanti?
Fenomeni come "Zerocalcare" e "A Panda Piace", autori come Eriadan, Davide La Rosa, Mirka Andolofo e molti, molti, altri. Tutti fumettisti, tutti nati da Internet. Se il web è un assassino, fa male il suo lavoro.