La fotografia è un’arte. Non ci si dovrebbe porre questa domanda. L’arte è superata. Ci vuole qualcos’altro. Dobbiamo guardar lavorare la luce. È la luce che crea. Io mi seggo dinanzi al mio foglio di carta sensibile e penso.
Man Ray, 1928
“Mentre la donna si accontenta di apparire più bella e giovane, l’uomo è più esigente, si aspetta che la fotografia, superando le acrobazie di ogni possibilità tecnica, evidenzi qualità come l’intelligenza, l’autorità, un certo sex appeal.”
Man Ray, 1963
La mostra "Man Ray. Models" presenta le fotografie originali che l’artista ha scattato tra il 1920 e il 1940 alle modelle che frequentava e che poi ha raccolto in un Album, come ricordo delle modelle e della loro partecipazione al lavoro fotografico da lui svolto in quegli anni, ora ripubblicato insieme a Carlo Cambi Editore, in fedele riproduzione di quello realizzato dallo stesso Man Ray, accompagnato da un volumetto con testi a firma di Janus che scrive: "C’è sempre una donna nuda nel suo destino".
La mostra ripercorre così, attraverso le immagini di Man Ray, una miriade di bellezze eteree o selvagge, corpi anonimi e fanciulle in fiore, che rappresentano di fatto il ritratto di un’epoca con i suoi gusti, le sue inclinazioni, la sua atmosfera: il mondo in una scatola.
83 gli scatti che l’obiettivo di Man Ray coglie in volti, capigliature, sguardi, dettagli che svelano il corpo e i suoi segreti, danzatrici africane che allietano le notti di un’esotica Parigi, ballerine anonime con nomi di vegetali (Cavolo, Porro, Lattuga, Barbabietola, Peperoncino…); donne dal corpo perfetto divenute celebri, come la sensuale Kiki (Alice Ernestine Prin, 2 ottobre 1901-29 aprile 1953), modella, ballerina, cantante, la Reine de Montparnasse e amante di Man Ray per sei anni, ritratta in cinque scatti e che Man Ray immortala nel famoso Violon d’Ingres, che però non fa parte di questo album. Cinque scatti in "una sequenza cinematografica" immortalano la diciannovenne e brava pittrice Meret Elizabeth Oppenheim (6 ottobre 1913-15 novembre1985); l’affascinante modella Natasha, che fu anche assistente dell’artista; la bellezza convulsiva di Lee (Elizabeth) Miller e ancora, Nusch, moglie del poeta Paul Eluard.
Tutte presenti in mostra, nella loro versione originale, le 83 fotografie dell’Album, in cui l’artista, alla ricerca dell’attimo fuggente, riunisce i suoi ricordi più preziosi, dando vita ad una specie di diario o di antologia amorosa.
La scelta rigorosa tra i moltissimi scatti, realizzati in quegli anni, attribuisce alla raccolta il senso più intimo e autobiografico.
Al centro della sala un vecchio modello di macchina fotografica, firmato dall’artista, impreziosisce questa mostra strordinaria e carnale.
“La luce può fare tutto. Le ombre lavorano per me. Io faccio le ombre. Io faccio la luce. Io posso creare tutto con la mia macchina fotografica”.
Man Ray (Emmanuel Radnitzsky) nasce a Philadelphia nel 1890 da genitori ebrei di origine russa, emigrati negli Stati Uniti alcuni anni prima. Dopo gli studi secondari e i primi corsi di disegno industriale, frequenta il Ferrer Center ed entra in contatto con Alfred Stieglitz e gli ambienti dell’avanguardia newyorkese. Dopo le prime opere di ispirazione cubista avvia la sperimentazione di varie tecniche: collage, sculture e assemblaggi, pittura ad aerografo, inizia a dedicarsi alla fotografia. Insieme a Marcel Duchamp è il principale animatore del dadaismo newyorkese e promotore di numerose iniziative, dalla fondazione della Società degli artisti indipendenti (1916) e la “Société Anonyme Inc.” (1920) alla pubblicazione della rivista “New York Dada” (1921).
Nascono in questa fase i primi “oggetti d’affezione”, tra cui il celebre Enigme d’Isidore Ducasse.
Nel 1921 si trasferisce a Parigi, dove ritrova Marcel Duchamp, e nello stesso anno ha una personale alla Librairie Six. Realizza i primi Rayographs, che pubblica nel volume Champs délicieux (1922) con prefazione di Tristan Tzara. Dopo la partecipazione al Salon Dada, che si tiene nel 1922 alla Galerie Montaigne, lavora al film Retour à la raison e si lega al gruppo dei surrealisti, con i quali espone alla Galerie Pierre nel 1925 e in tutte le mostre successive. Rimane a Parigi fino al 1940, affermandosi come uno dei migliori interpreti della poetica surrealista, con dipinti, assemblaggi d’oggetti, film d’artista e sperimentazioni fotografiche, continuando ad esporre sia in Europa che in America. Dopo lo scoppio della guerra si reca negli Stati Uniti, a Los Angeles dove rimane fino al 1951. Durante il soggiorno americano conosce e sposa Juliet Browner che sarà anche sua modella e musa ispiratrice. Si dedica soprattutto alla pittura realizzando la serie Equations shakespe ariennes e Alphabet for Adults. Tornato a Parigi, continua la sperimentazione fotografica, la creazione di dipinti e oggetti d’affezione. Nel 1959 l’Istitute of Contemporary Art di Londra gli dedica una grande antologica e due anni dopo gli è conferita la medaglia d’oro per la fotografia alla Biennale di Venezia. Nel 1966 si tiene la prima grande retrospettiva a Los Angeles al County Museum of Art; nel 1970 ha luogo una mostra itinerante in varie sedi d’Europa, che si inaugura al Museum Boymans van Beuningen di Rotterdam.
L’artista muore a Parigi il 18 novembre 1976.
Nel corso degli anni la Fondazione Marconi dedica all’opera di Man Ray diverse mostre tra cui ricordiamo le più recenti: Man Ray. Fotografie 1920-1950, 2006; Man Ray - Robert Mapplethorpe, 2010; Man Ray. The Fifty Faces of Juliet, 2011; Man Ray 1944, 2012; Man Ray Museo d’Arte, Lugano, 2011; Man Ray - glHoltegaard - Breda Foundation, Copenhagen, 2013.
Man Ray
Models, 1920-1940
fino al 11 gennaio 2014
Orario: martedì - sabato 10 -13, 15 -19; (chiuso dal 22 dicembre 2013 al 7 gennaio 2014)
Ingresso gratuito
Fondazione Marconi Arte moderna e contemporanea
Via Tadino 15
20124 Milano
Tel. 02 29 41 92 32 - info@fondazionemarconi.org - www.fondazionemarconi.org