In Inghilterra scommettono su tutto, è noto. Tempo, divorzi, macchine al semaforo, i bookmakers ti quotano qualsiasi cosa. E forse, in qualche parte del Regno, esiste qualche allibratore che sorride e si gode l'incasso raccolto grazie a Keith Richards, che oggi compie 70 anni contro ogni apparente logica fisica, medica, naturale. "World's most elegantly wasted man", il più elegante devastato del mondo, lo definì lo scrittore inglese Nick Kent in pieni anni 70, quando era scattato il countdown per aggiungere il chitarrista dei Rolling Stones, sprofondato come nessuno negli abissi di eroina, cocaina, pillole e alcol, al pantheon degli eroi maledetti del rock.
Tanti, in quel momento, si saranno recati dall'immaginario bookmaker a giocarsi l'imminente dipartita di "Keef the Riff", senza tenere conto di una alchimia del tutto particolare detenuta da Richards a differenza dei "mancati predecessori" Morrison, Joplin, Hendrix: fibra fortissima abbinata a voglia, bisogno - anche nei momenti più bui -, di fare musica, nella consapevolezza che fermo il suo cuore, si sarebbe fermato anche quello dei Rolling Stones, dei quali, da sempre, rappresenta l'anima musicale e "ideologica" più genuina.
Attaccandosi al manico della sua chitarra, Keith Richards è rimasto così saldamente ancorato anche alla vita e al palco, con tour, album, moglie, figli, scazzi con Mick Jagger e residui eccessi (ma con la 'roba' ha chiuso già negli anni 80) che si sono alternati insieme alle stagioni. Il tutto infischiandosene di chi, forzato all'abbandono del cliché "Keith il tossico", ha poi virato sulle ironie sugli Stones, mummie da palcoscenico, parodie di se stessi, Keith e Mick come i nonnetti dei Muppets e via stereotipando.
I fatti, piaccia o no, raccontano di un musicista vivo biologicamente e artisticamente, che taglierà il traguardo della - presunta - terza età in piena tournée australiana, di un uomo che a dispetto di titoli nobiliari tipo "Il principe dell'eccesso", "Il re delle tenebre" e piacevolezze del genere, tre anni fa, mandando alle stampe una riuscita autobiografia, l'ha semplicemente intitolata "Life" dedicandola alla vita. Alla faccia delle moltitudini che nei decenni - in buona fede, per carità - l'hanno invece collegato a un'idea di morte, magari ingannati anche da quell'anello col teschio diventato uno dei suoi trademark. Alla vita, dietro la facciata delle apparenze, Richards ha dimostrato di tenerci parecchio, di darle un valore, come fa ciascuno di noi. Ed è per questo che i suoi 70 anni sono un bel messaggio, destinato non solo a chi è affezionato a lui e ai suoi compari. Il bookmaker, intanto, accetta le scommesse di chi prevede un mancato aggancio ai 100.