Come fare a pezzi un mito che dura da cinquant'anni nel giro di poche ore. James Bond, l'agente con licenza di uccidere più famoso del mondo, più che un playboy aitante e fascinoso sarebbe stato un ubriacone impotente, affetto da tremori e problemi al fegato. Lo ha stabilito un gruppo di medici inglesi che ha ricostruito il quadro clinico del celebre 007 in base al numero di drink sorseggiati nel corso dei 14 romanzi che lo hanno visto protagonista.
Altro che inseguimenti, sparatorie e una donna sedotta dopo l'altra. James Bond a malapena sarebbe riuscito a stare sulle proprie gambe e reggere una pistola, altro che centrare un "bersaglio mobile".
Tutta colpa di Ian Fleming, l'autore dei romanzi e inventore del personaggio, che ha preso ispirazione dalla propria vita, nella quale era solito alzare il gomito un po' troppo, al punto da morire a soli 56 anni per un problema di cuore.
Secondo i medici del Nottingham University Hospital, l'agente segreto avrebbe avuto il doppio di possibilità di avere un ictus e il 74% di morire prematuramente, non per un proiettile ma per il suo terribile stile di vita. Infatti, secondo i caloli fatti sulla base dei romanzi, Bond si tracannava una media di 92 unità di alcol alla settimana (celebre la sua predilezione per il Martini shakerato, non mescolato), oltre quattro volte il limite massimo raccomandato.
Il record assoluto Bond lo ha raggiunto in "Al servizio segreto di Sua Maestà". In quella sola missione si è bevuto 225,8 unità di alcol, qualcosa da stendere anche il più forte frequentatore di pub. Ma in quel caso era giustificato: sapeva che nella trasposizione cinematografica il suo ruolo sarebbe stato interpretato da George Lazenby... beveva per dimenticare.