Imponente operazione antimafia in provincia di Trapani. I provvedimenti di arresto, emessi dal gip di Palermo, riguardano esponenti di spicco del clan di Matteo Messina Denaro, considerato numero uno di Cosa nostra. Tra gli arresti, trenta in tutto, anche alcuni familiari del boss trapanese, tra cui la sorella e il nipote. Le accuse sono di associazione di tipo mafioso, scambio elettorale politico-mafioso, intestazione fittizia di beni, estorsione.
Trenta le persone arrestate - In manette 30 persone: le ordinanze di custodia cautelare, emesse dal Gip su richiesta della Procura distrettuale antimafia di Palermo, riguardano in particolare le famiglie mafiose di Castelvetrano e Campobello di Mazara.
La sorella e il nipote di Messina Denaro a capo degli affari - Erano in particolare Francesco Guttadauro, nipote del boss, e la sorella Anna Patrizia Messina Denaro, a controllare "un articolato circuito imprenditoriale, che assicurava di fatto il controllo quasi monopolistico nel settore dell'edilizia e relativo indotto", oltre a un vasto giro di estorsioni, come ha precisato la polizia. Tra i familiari arrestati, anche i cugini del boss Giovanni Filardo, Cimarosa Lorenzo e Mario Messina Denaro.
"Le indagini - precisa la nota diffusa - hanno confermato il ruolo dirigenziale tuttora rivestito dal latitante Matteo Messina Denaro all'interno del mandamento e nella provincia mafiosa, accertandone la funzione di direzione tra le varie articolazioni dell'organizzazione e di collegamento con le altre strutture provinciali di Cosa Nostra".
Gli affari, però, venivano gestiti in gran parte direttamente dai parenti e, in particolare, "con riferimento all'attività di sostegno economico al circuito familiare del latitante, sono emersi la contiguità e il ruolo di responsabilità decisionale raggiunto in seno al sodalizio mafioso da Patrizia Messina Denaro e da Francesco Guttadauro".
"Mi chiamo Messina Denato, portatemi i soldi" - Proprio riguardo alla sorella, dalle indagini emerge un'intercettazione della donna alle prese con un'estorsione da 70mila euro. "Io qua sono, mi chiamo Messina Denaro e non mi rompe niente e nessuno", avrebbe detto Anna Patrizia al telefono.
Il gran business del clan - Gli affari dell'edilizia, si legge nella nota della polizia, venivano gestiti "mediante la realizzazione di importanti commesse, tra cui opere di completamento di aree industriali, parchi eolici, strade pubbliche e ristoranti. L'organizzazione era, infatti, in grado di monitorare costantemente le opere di maggiore rilevanza del territorio, intervenendo nella loro esecuzione con una fitta rete di società controllate in modo diretto o indiretto da imprenditori mafiosi ed elementi di spicco del sodalizio". A fianco di queste attività "è stata inoltre accertata la diffusa pressione estorsiva esercitata sul territorio anche ai danni di imprese concorrenti e perfino di privati cittadini che avevano ereditato una rilevante somma di denaro".
Scattano le manette anche per il figlio di un giudice - Tra le persone arrestate anche alcuni "insospettabili": a Palermio sono finiti in manette infatti anche due ingegneri del Provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria, uno dei quali è figlio di un giudice. Secondo le indagini, avrebbero intascato mazzette per favorire una ditta legata alle cosche.
Nei guai una vigilessa di Paderno Dugnano - Temendo di essere pedinato, un mafioso di Campobello di Mazara ogni tanto chiedeva aiuto ad una vigilessa di Paderno Dugnano, nel Milanese. L'agente della polizia locale controllava le targhe che le venivano segnalate come "sospette".
Sequestrati beni per cinque milioni - La Guardia di finanza sta procedendo, insieme con carabinieri e polizia, al sequestro preventivo di complessi aziendali riconducibili al latitante intestati a prestanome, costituiti da società operanti nel settore dell'edilizia, per un valore complessivo di circa 5 milioni di euro.