"Moana? Se ci fosse anche solo un cinque per cento di possibilità che sia viva, non voglio ignorarla. Di sicuro nella storia della sua morte qualcosa non quadra". Chi parla è Debora Attanasio, per anni collaboratrice di Riccardo Schicchi e autrice del libro "Non dite alla mamma che faccio la segretaria", nel quale rievoca il tempo passato alla "Diva Futura". "È stato un periodo felice - dice a Tgcom24 - Schicchi era geniale".
Un anno fa il re dell'hard italiano se ne andava, portandosi via ciò che ancora restava della "golden age of porn" nostrana. Grazie a lui e alle sue stelle, da Cicciolina a Eva Henger passando per il fenomeno Moana Pozzi, tra gli anni 80 e 90 il porno italiano è riuscito a costruire personaggi la cui fama regge ancora oggi. In maniera frizzante, tra aneddoti e sprazzi di storia contemporanea, l'Attanasio ha ricostruito quegli anni, che ha vissuto in prima persona dal 1992 in avanti. Nelle pagine del libro edito da Sperling & Kupfer sfilano tutte le pornodive passate per gli uffici della "Diva Futura". Compresa ovviamente Moana, la cui morte viene trattata senza gettare ombre sulla versione ufficiale. Dal momento che negli ultimi mesi la stessa Attanasio ha contribuito a riportarla d'attualità, partiamo da qui.
Sembri aver cambiato idea sulla morte di Moana e sui misteri dietro di essa. Come mai?
È iniziato tutto quando Marco Gregoretti, un giornalista di "Panorama" che svolgeva inchieste sul giro di Schicchi e avevo conosciuto al tempo, mi ha chiamato per chiedermi se volevo partecipare a una puntata di "Mistero" su di lei.
Quale rivelazione ti ha colpita al punto di mettere in dubbio le tue certezze?
Erano stati mostrati alcuni documenti che provano che Moana aveva lavorato per i servizi segreti. E siccome anche di Ilona si è detto che aveva lavorato per i servizi segreti, ho pensato subito che ci fosse sotto qualcosa sotto che non quadrava. Da quel momento ho iniziato a rivalutare sotto un'ottica diversa alcuni episodi avvenuti e leggerli in un'altra chiave.
Per esempio?
Qualche mese dopo la morte, venne in ufficio un medium dicendo che aveva dei messaggi per un po' di persone. Schicchi ebbe con lui un lungo colloquio, del quale non mi rivelò mai il contenuto. Poi questa persona chiese di parlare con me e mi disse di non preoccuparmi, che Moana non ce l'aveva con me.
Perché avrebbe dovuto, cos'era successo?
L'ultima volta che ci eravamo viste avevamo avuto un litigio, finito con le sue scuse, quando invece aveva ragione lei. Tra l'altro scuse molto strane, con gesti di affetto non usuali per una donna molto fredda quale era. E io per questo mi sentii in colpa per molto tempo.
Credi che il medium si riferisse a quello?
Nessuno sapeva di quell'episodio. E siccome su certe cose sono molto scettica, alla luce dei nuovi fatti mi chiedo: e se non fosse stato un medium ma un uomo incaricato da Moana per portare messaggi?
Credi che la storia della malattia fosse un'invenzione?
Sul fatto che Moana fosse malata non ci piove. Però ne ho avuti di amici malati di tumore, ridotti magri come lei, che poi sono guariti. Se c'è un cinque per cento di possibilità che sia viva, mi piace aggrapparmici, non fosse altro per la speranza di poter chiarire quella cosa tra noi.
Ci sono altre cose che non ti convincono?
I racconti del marito di Moana, del quale ero molta amica, non andavano mai oltre un certo punto, si fermavano all'ingresso dell'ospedale di Lione. Poi il buio. E poi, dopo vent'anni, perché non farle una tomba per renderle omaggio? All'epoca lei era convinta di essere un personaggio osceno ma oggi è evidente che la gente la ama.
Nel libro Moana emerge in tutta la sua diversità e unicità.
Lei non frequentava nessuna collega, era in un mondo tutto suo. Aveva un giro di relazioni fatto di politici, intellettuali e qualche amico personale. Pochi a dire il vero, perché non era una tanto espansiva, anche se dopo la sua morta è comparsa tutta una serie di persone che si dichiaravano amici, fidanzati...
Avendo vissuto da vicino il mondo del porno di quegli anni, ti senti di dire che la "Diva Futura" era un'agenzia che faceva storia a sé?
Un conto era lavorare per la pornografia, un conto era lavorare per Riccardo Schicchi. Le altre agenzie erano fabbriche di carne, che facevano girare anche cinquanta o cento film all'anno. Lui invece, da uno o due film, otteneva il massimo creando dei casi mediatici. E le ragazze tra ospitate televisive, spettacoli e altro, guadagnavano e facevano una bella vita.
L'idea del libro è nata dopo la sua morte?
No, molto prima. Quando lavoravo da lui ho sempre tenuto un diario, perché mi rendevo conto di star vivendo un'esperienza straordinaria. Tre anni fa ho deciso di tirare fuori un "romanzetto" dall'enorme quantità di materiale che avevo. Ho firmato il contratto a ottobre ma l'ho detto solo a Eva Henger, che è rimasta una grande amica. A Schicchi volevo fare una sorpresa e presentarglielo finito. Purtroppo nemmeno due mesi dopo se ne è andato e non ha fatto in tempo a leggerne nemmeno una riga.