COMMEDIA DEGLI EQUIVOCI

Paolo Cevoli, in scena passa da Palmiro a Benito ma sempre a suon di risate

Il comico al teatro Manzoni di Milano dal 27 al 30 novembre con "Il sosia di lui". "Mi scambiano per Mussolini e siccome sono un patacca ne succedono di ogni..." dice a Tgcom24

© Ufficio stampa

La gente ha imparato ad amarlo come Palmiro Cangini, l'assessore arruffone di "Zelig". Ora Paolo Cevoli arriva al teatro Manzoni di Milano con "Il sosia di lui", dove interpreta un tranquillo meccanico di Riccione che viene scambiato per Benito Mussolini. "E' un piccolo apologo nel quale questo personaggio che è un buono, un anarchico antifascista - spiega Cevoli a Tgcom24 -, vestendo i panni di Mussolini, diventa cattivo, ne approfitta".

La vicenda è ambientata nella Riccione degli anni 30 dove Pio Vivadio, detto Nullo, un meccanico ribelle e anarchico, viene chiamato ad aggiustare l'idrovolante con il quale è appena atterrato il Duce. Notata la straordinaria somiglianza, l'Ovra, la polizia segreta fascista, lo arresta e lo trasforma nel sosia di Mussolini, adatto a presenziare a impegni pubblici mentre il vero Duce può riposarsi...

Io vesto i panni di questo meccanico riccionese che negli anni 30, smogliava a Mussolini e veniva usato dal regime come controfigura. "Quella del sosia del Duce è una leggenda metropolitana molto diffusa - spiega Cevoli -. Ho deciso di cavalcare questa cosa e mi sono immaginato tutti i casini che sarebbero potuti accadere se un patacca quale io sono in scena, ma anche nella vita, avesse preso il posto di Mussolini".

La vicenda è anche un pretesto per raccontare la vita di quel periodo?
Sì, anche perché devo dire che non c'è molto. Quel ventennio è un po' trascurato dalle storie, perché monopolizzato dalla figura Duce. Io peraltro non parlo di Mussolini ma della vita del sosia. Racconto com'erano l'Italia e la Riccione di quegli anni, la vita, le aspettative. Ovviamente l'obiettivo è sempre quello di far ridere e quindi sono racconti buffi e ironici.

Ti piace metterti a confronto con un'epoca diversa dalla nostra?
Amo molto vestire i panni di un personaggio storico perché mi dàla possibilità mettermi in un tempo e uno spazio diversi dall'attuale e quidi raccontare storie. Nella commedia precedente, "La penultima cena", interpretavo il cuoco dell'ultima cena, romagnolo anche lui. Là erano le storie di duemila anni fa, in questo caso parliamo di ottant'anni fa. E adesso sto scrivendo il prossimo spettacolo che parlerà del garzone di Michelangelo.

I tuoi protagonisti alla fine sono sempre uomini che vivono le vicende di personaggi celebri stando un passo indietro.
Se guardi la storia della commedia, da Plauto a Goldoni, passando per Moliere e lo stesso Shakespeare, chi fa ridere è sempre il servo. Perché il servo è dal basso, è quello che può sputtanare perché non ha nulla da perdere. Lui stesso si definiva un coglione. Se io sono in alto faccio fatica a prendere in giro. Ma se sono in basso...

Nello spettacolo, attraverso i racconti del sosia, esce un giudizio su Mussolini e il fascismo o restano solo uno sfondo? 
Non ho voluto dare un giudizio esplicito, anche per tenere distinta la commedia dalla satira. A me interessa la commedia, fare ridere, sorridere ed eventualmente commuovere. Parto dal fatto che all'inizio buoni e cattivi sembrano così facili da distinguere, e poi mettendo a fuoco le storie, alla fine non si capisce quali sono gli uni e quali gli altri.

PER INFORMAZIONI
TEATRO MANZONI
Via Manzoni 42 - 20121 Milano
Tel. 02.763.69.01
Fax 02.760.054.71
mail: info@teatromanzoni.it