"PIGNORATO PER LA VITA"

Cartella esattoriale da 3,6 milioni di euro: "Non posso più difendermi"

Un ex allevatore di galline di Pordenone viene considerato dalla Finanza un commerciante di uova ed Equitalia gli chiede la spaventosa cifra. Scadono i termini per ricorrere: "A mio figlio un debito per la vita"

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Riceve una cartella esattoriale da 3,677 milioni di euro, non ricorre perché gli chiedono 70mila euro di onorario e i termini del giudizio scadono. Un uomo di 37 anni, ex titolare di un allevamento di galline nel Pordenonese, è finito nei guai dopo che la Finanza lo ha accusato di essere, in realtà, un commerciante di uova al quale andava applicato un regime fiscale ben più oneroso: "Sono pignorato per la vita".

I problemi nascono nel 2006, un anno dopo la chiusura dell'attività aperta nel 2001 a Porcia. In seguito a un'indagine su un fornitore, le Fiamme gialle si presentano all'ingresso del suo capannone. Non trovano neppure una gallina e lo accusano di non essere un vero allevatore bensì un commerciante e di non avere quindi diritto a un regime fiscale agevolato.

Come racconta il Corriere del Veneto, Giacomo C. non riceve le cartelle di accertamento e, di conseguenza, non le impugna. Quando apre la cartella di Equitalia, che lo intima a pagare 2,4 milioni di euro, cifra che con gli interessi sarebbe salita a 3,677 milioni, pensa subito a un errore.

I professionisti al quale l'uomo si rivolge gli chiedono 70mila euro per seguire la pratica. Troppi soldi. Convinto della sua buona fede, e avendo già consegnato alla Finanza le ricevute di acquisto di 20mila galline e dei mangimi, resta in attesa di novità.

Scadono così i termini per i tre gradi del giudizio tributario: non può più ricorrere. Equitalia gli pignora un quinto del suo stipendio oltre ai mobili dell'appartamento in cui vive in affitto.

"La mia è una vita da pignorato, senza prospettive se non quella di lasciare a mio figlio un debito per la vita, e tutto per una serie di errori a cui nessuno vuole porre rimedio" si sfoga l'uomo.

"Sul piano legale l’unica possibilità che ci resta è la Corte di Giustizia Europea ma i costi sono insostenibili - racconta Alessandra Cadalt di Federcontribuenti, difensore dell’ex allevatore -. Per questo speriamo che da parte dell’Agenzia delle Entrate ci sia un gesto di buon senso per la riapertura della vicenda, magari con un atto di autotutela".