"I Casalesi, che hanno gestito il business dei rifiuti, hanno incassato fino a 500mila lire a fusto per smaltire nelle campagne il materiale che andava trattato in modo ben diverso e, ovviamente, con costi diversi". E' un'altra delle clamorose rivelazioni che arrivano dall'audizione del boss pentito Carmine Schiavone alla Commissione di inchiesta sul ciclo dei rifiuti. I costi per un'operazione regolare sarebbero stati di due milioni e mezzo a fusto.
Continuano ad emergere particolari raccapriccianti dall'audizione di Schiavone, fatta nel 1997 e rimasta segreta per anni per essere resa pubblica soltanto oggi.
Un vasto territorio fu degradato - Per smaltire questi fusti, disse Schiavone alla commissione, occorreva un'attrezzatura speciale, e i costi erano molto più alti. I clan della camorra si facevano carico invece dello smaltimento per sole cinquecentomila lire. In diversi anni i camion provenienti dal nord, ha aggiunto ancora Schiavone, avrebbero portato in zona di tonnellate di rifiuti.
"Le scorie arrivavano grazie a procacciatori" - A far giungere i rifiuti industriali scaricati per anni nelle campagne delle province di Caserta e di Napoli sono stati dei procacciatori, aveva detto ancora il boss pentito. Per Schiavone in alcuni circoli culturali di Arezzo e di Milano si sarebbero rinsaldati i rapporti per la gestione del ciclo di smaltimento di rifiuti industriali, tossici e così via.
Scarti smaltiti anche a trenta metri di profondità - I rifiuti venivano scaricati di notte e le pale meccaniche vi spargevano sopra del terreno. Ma talvolta la spazzatura finiva anche a 20 o a 30 metri di profondità, si apprende ancora dal racconto di Schiavone. Lungo la statale Domiziana, in vasche profonde anche 40 metri, negli anni è stato smaltito di tutto. Spazzatura che sulle carte sarebbe dovuta finire in discariche autorizzate. Sulle carte, secondo quanto ha raccontato Schiavone 16 anni fa, tutta l'operazione era regolare.
Si scaricava nei "laghetti" - Lungo il litorale domiziano si prelevava la sabbia, tra la fine degli anni Ottanta e gli inizi dei Novanta, per confezionare il calcestruzzo e poi le vasche, indicati come i "laghetti", venivano riempite di rifiuti.
Schiavone raccontò anche degli intrecci di interessi dei clan locali per la gestione del business dei rifiuti tossici ricordando che proprio in conseguenza del dragaggio della sabbia "vi era una potenzialità di scarico enorme". Il boss pentito ha fatto anche riferimento a un evento accaduto nel mese di febbraio del 1991 quando un autista italo-americano rimase ferito agli occhi mentre stava scaricando alcuni fusti con sostanze nocive in un'area al confine tra i Comuni di Qualiano e Villaricca. In una cava della zona furono scaricati ben 520 fusti tossici.