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Migranti, è la Svizzera la Terra promessa degli eritrei

La scelgono per l'assistenza del governo e la protezione dei connazionali. Negli ultimi giorni in centinaia hanno cercato di oltrepassare le Alpi

Ansa

Dopo il deserto e il mare, le umiliazioni degli scafisti e le privazioni del viaggio, l’arrivo a Lampedusa è solo un’altra delle tante tappe che i migranti devono raggiungere per realizzare il loro sogno di una vita migliore. Arrivati sul suolo italiano, la sfida successiva è attraversare tutto lo stivale, su fino alle Alpi e, una volta superata questa sconosciuta e ostile barriera naturale, entrare finalmente in Svizzera. Si tratta soprattutto di cittadini di nazionalità eritrea. Secondo i dati dell’ufficio federale della migrazione, al 31 agosto si contavano 5.833 eritrei richiedenti asilo in Svizzera: la nazionalità più numerosa, considerando che Iraq e Iran insieme non superano le 3.500 domande. Scelgono il territorio elvetico perché qui possono contare sull’assistenza del governo e su una forte rete di protezione da parte dei connazionali (i rifugiati politici sono 10 mila). Per queste persone l’Italia è solo un luogo di passaggio, l’ultimo, prima di poter iniziare una nuova vita.

Negli ultimi giorni, centinaia di migranti eritrei hanno cercato di raggiungere la Svizzera. Sono i connazionali già presenti nel Paese ad aiutarli, sfruttando la loro conoscenza del territorio. Secondo le prime testimonianze raccolte dalla polizia, il luogo di incontro per iniziare l’ultimo tratto di viaggio è la stazione centrale di Milano. Si incontrano nel tardo pomeriggio, quando, grazie al buio, riescono a non dare troppo nell’occhio. Salgono su minibus, su monovolume o su semplici utilitarie in mancanza d’altro, non importa: l’importante è andare ancora più a Nord, evitando i passaggi presidiati dalla guardia di frontiera nei cantoni del Vallese, dei Grigioni e del Ticino. Uno dei più frequentati è il colle del Gran San Bernardo, a 2.500 metri di quota, lo stesso dal quale Napoleone entrò in Italia durante la sua Campagna del 1800.

Per uomini cresciuti nel deserto la montagna è un territorio completamente nuovo e, per questo, pieno di insidie. Prima fra tutte la neve, che quest’anno è caduta con qualche giorno di anticipo rispetto al solito, creando problemi di viabilità. Redei, eritreo di 35 anni, rifugiato politico in Svizzera, dove lavora come magazziniere, sabato scorso ha caricato in macchina il fratello e altri tre connazionali, arrivati pochi giorni prima su un barcone a Lampedusa. Arrivati a Saint-Rhémy en Bosses, a pochi chilometri dal confine, la neve li ha costretti a tornare a valle, fino a Etroubles, dove li hanno bloccati i Carabinieri. L’uomo, incensurato, è stato arrestato con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e ha dovuto patteggiare col tribunale di Aosta una multa di 30mila euro e cinque mesi di reclusione. Qualche ora prima una sorte peggiore è toccata a Isac, che trasportava 10 connazionali ed è stato condannato a otto mesi di carcere e a una multa da 100mila euro.

Quello che le forze dell'ordine stanno cercando di capire è se quest’ultima parte del viaggio sia gestita da un’organizzazione a scopo di lucro o se ad attivarsi sia la rete di solidarietà interna alla forte comunità che vive in Svizzera.

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