Pantoloni e mutande abbassati fino alle caviglie e nessun biglietto d’addio. Così fu trovato nella sua cella, il 3 settembre, Ariel Castro, il mostro di Cleveland, l’uomo che rapì e tenne segregate tre ragazze per 10 anni e che per questo avrebbe dovuto scontare una condanna a vita: ben 1000 anni di carcere.
Per questo l’ipotesi di un semplice suicidio non ha convinto il Dipartimento per la riabilitazione e la correzione dell’Ohio, che, viste le circostanze in cui fu trovato l’uomo, ha avanzato un'altra ipotesi: gioco autoerotico. Anche perché, si legge nel rapporto, gli psicologi e gli psichiatri che lo avevano visitato non avevano mai riscontrato tendenze suicide. Il Dipartimento ha così inoltrato le sue considerazioni alla polizia, sottolineando anche il pessimo comportamento delle guardie che avrebbero dovuto controllare il prigioniero: due di esse avrebbero falsificato le firme sui documenti, saltando, prima della sua morte, almeno otto dei controlli che avrebbero dovuto fare.
Ariel Castro, 53 anni, era in carcere per il sequestro e le ripetute violenze su Michelle Knight, rapita nel 2002 all’età di 20 anni, Amanda Berry (nel 2003 all’età di 17) e Gina de Jesus (nel 2004 all’età di 14 anni). Amanda Berry nel maggio scorso era improvvisamente riuscita a fuggire e ad allertare la polizia, portando così alla drammatica scoperta.