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Covid-19, i primi numeri economici post lockdown: il lavoro 

L'impatto del Covid-19 e delle misure contenitive si è fatto sentire sul mercato del lavoro e nel 2021 potremmo non recuperare quanto perso quest'anno

lapresse

Il mercato del lavoro, ha causa delle misure restrittive volute dal governo per limitare i contagi di Covid-19, ha sicuramente accusato uno scossone. A testimoniarlo solo le rilevazioni dell’Istat, secondo cui ad aprile si è registrata una marcata diminuzione dell’occupazione, un rafforzamento del calo delle persone non occupate in cerca di lavoro (come già rilevato a marzo) e una forte crescita dell’inattività.

Dalle tabelle si può notare infatti come tra marzo e aprile l’occupazione sia diminuita dell’1,2%, portando ad un calo di 274mila unità. La diminuzione, spiega l’Istat, si è mostrata piuttosto generalizzata, interessando ambo i sessi, tutte le classi di età e tutte le posizioni professionali (-1,1% per gli occupati dipendenti e -1,3% per gli autonomi), con un calo molto superiore alla media per i dipendenti a termine: -4,6%.  Il tasso di disoccupazione in soli due mesi diminuisce invece di quasi tre punti percentuali e quello di inattività aumenta in misura analoga.

Per l’intero anno l’Istituto prevede invece un calo degli occupati a tempo pieno del 9,3%. Il problema, come aveva spiegato Francesco Seghezzi, presidente dell’ADAPT, all’AGI, è che «quando un posto di lavoro viene perso non è detto che poi un aumento del Pil ricreerà lo stesso posto di lavoro; può portare infatti a creare un altro posto di lavoro o può creare nessun altro posto di lavoro perché magari il Pil cresce in settori che non hanno grande domanda di occupazione». Senza contare che per il prossimo anno le previsioni di via Cesare Balbo indicano una “ripresa” dell’occupazione di appena 4,1 punti percentuali: meno della metà della contrazione che si potrebbe osservare alla fine del 2020. «Se si perdono due milioni di posti di lavoro - sottolinea sempre Seghezzi all’AGI - e poi la crescita di quattro punti ne fa recuperare circa 900.000, vuol dire che lasciamo per strada più di un milione di disoccupati».

Guardando altre stime, due settimane fa, nel corso di un’audizione alla Commissione Lavoro del Senato, il presidente dell’ANPAL - Agenzia nazionale politiche attive del lavoro - ha parlato di una perdita di 500 mila posti di lavoro nel corso del 2020 a causa dell’emergenza coronavirus, spiegando che secondo le stime più ottimistiche si potrebbe tornare ai livelli pre-crisi non prima del 2023.

Stando invece alle previsioni del Centro Studi Confindustria, dopo il già timido +0,3%, quest’anno l’Occupazione totale, calcolata in termini di ULA, dovrebbe registrare un -7,6% nel 2020 per poi risalire del 3,5% l’anno prossimo.  Il tasso di disoccupazione, secondo il CSC, crescerà meno che altrove, «anche per l’aumento degli inattivi (+300mila a marzo, per la difficoltà di compiere azioni di ricerca). Ma faticherà a scendere nel 2021 (11,3%), quando la creazione di posti di lavoro sarà spiazzata dal riallungamento degli orari e più persone cercheranno un impiego».

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