"Mi state distruggendo Silvia", tuonava Francesco De Sanctis contro quei critici che accomunati dal gusto di inutili aneddoti biografici volevano a tutti i costi individuare in Silvia la giovane dirimpettaia del Leopardi, Teresa Fattorini. Succede lo stesso due secoli dopo, stavolta con un altro grande poeta contemporaneo, perché molte canzoni di Vasco Rossi, altro non sono se non poesie in musica. E' stato proprio il Komandante, travolto dalla "Silvia-mania", come la chiama lui , a fare outing e a liberarsi di un peso, a proposito di una delle sue liriche di gioventù.
E' cronaca degli ultimi giorni: dopo la pubblicazione su Instagram della foto di Silvia, che ha ispirato una delle sue canzoni più famose, Vasco ha deciso di raccontare la storia della ragazza. "Abitava di fianco a casa mia - ha spiegato il rocker di Zocca - la conoscevo di vista e mi sono immaginato tutto, che pensieri poteva avere una tredicenne, pensieri e preoccupazioni di una ragazzina..."
E' qui che scatta l'analogia storica e non ce ne vogliamo i "porporati" dell'Accademia della Crusca. Anche stavolta scatta la corsa a voler dare un volto e un nome alla Poesia con la "P" maiuscola, la smania insana di voler associare per forza un ideale, un sentimento, un'emozione a una persona realmente esistita, che avrebbe fatto scattare quel meccanismo magico dell'animo umano, facendo nascere un'opera d'arte. Chi era la Silvia che ispirò Leopardi? Chi è la Silvia che ha ispirato Vasco? Ma se anche il genio romantico del nostro Ottocento avesse avuto la voglia e la possibilità di pubblicare un post sui social, confessando di aver cantato il suo amore per la figlia del cocchiere di casa, cosa sarebbe cambiato?
Quel "Mi state distruggendo Silvia", lamentato dal grande critico letterario dovrebbe farci riflettere: perché la Silvia di Recanati non è (per forza) una donna in carne ed ossa, "non è questa o quella donna; è il primo apparire della giovinezza in un cuore femminile", è il simbolo della speranza, dell'attesa, della ricerca di una felicità che forse non arriverà mai, ma vive e sopravvive proprio nell'attesa. Chi non sa leggere con gli occhi del cuore corre il rischio di commettere l'errore di coloro che pensando solo a Teresa Fattorini, confusero il verso "All'apparir del vero tu, misera, cadesti", con un più semplice "All'apparir del verno....", pensando solo che in inverno Teresa sarebbe morta e con lei l'amore del Poeta. Niente di più sbagliato. Perché non è la Fattorini che muore in inverno ma è la Speranza che soccombe dinanzi allo spiegamento della Verità (della vita), nella visione pessimistica del genio di Recanati.
Ecco perché corriamo il rischio di distruggere tutto, anche stavolta, volendo a tutti i costi dare un'identità pure alla Silvia di Vasco. Scoprire, 43 anni dopo, che quella ragazza era Silvia Benuzzi, che oggi fa la professoressa di Filosofia, non aggiunge né toglie nulla. Anzi, rischia di portarci ancora una volta fuori strada. Perché le poesie come le canzoni sono delle emozioni, perché "la vita è un brivido che vola via, è tutto un equilibrio sopra la follia" - ha scritto e ha cantato proprio un certo Vasco Rossi. Uno che più o meno all'età di Giacomo Leopardi, forse un giorno si affacciò ai veroni del paterno ostello di Zocca e vide una ragazza che "Non sente oppure fa finta, guarda lo specchio poco convinta, mentre una mano si ferma sul seno: è ancora piccolo ma crescerà". Come è simile la Silvia di Vasco a quella del piccolo borgo marchigiano che "con la sua man veloce percorrea una faticosa tela". La faticosa tela della vita, dell'amore, della speranza. E se tutte queste cose continuiamo per forza a volerle cercare in un volto e in un nome, rischiamo anche stavolta di distruggere Silvia. E con lei, tutte le Silvie del mondo.