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Covid-19, scoperte molecole che impediscono l'ingresso del virus nelle cellule 

Lo studio è co-firmato da ricercatori dell'università Federico II di Napoli e dall'ateneo di Perugia

Afp

Identificati nuovi target molecolari in grado di interferire con il meccanismo d`ingresso del Sars-CoV2 nelle cellule bersaglio. Lo studio è co-firmato da ricercatori dell'università Federico II di Napoli e dall'ateneo di Perugia. "Da quando l'epidemia di coronavirus si è diffusa all'inizio del 2020 - dichiarano gli autori della ricerca - è stato fatto uno sforzo senza precedenti per identificare nuovi trattamenti in grado di arrestarne la progressione".

Lo studio, pubblicato in pre-print sul sito BioRxiv, è stato condotto attraverso un primo screening in silico (computazionale) di librerie di sostanze naturali e di farmaci approvati per uso clinico dalla Food and Drug Administation ed ha consentito l'identificazione di "tasche" funzionali nella struttura del receptor binding domain della proteina Spike del virus Sars-CoV2.

L'ulteriore caratterizzazione di tali strutture ha portato alla sorprendente scoperta dell'esistenza di sostanze endogene in grado interferire nel legame del Rbd di Spike con il recettore Angiotensin Converting Enzyme 2. Le molecole endogene descritte in questo lavoro sono di natura steroidea e alcune di esse sono degli acidi biliari, ovvero sostanze prodotte nel fegato e nell'intestino dal metabolismo del colesterolo. Gli acidi biliari primari (ossia quelli generati nel fegato) legano, anche se con bassa efficienza, l'Rbd di Spike, mentre acidi biliari attualmente usati in terapia (acido ursodessocolico) e loro metaboliti inibiscono il legame tra Rbd di Spike ed Ace2 di circa il 50%. Anche acidi biliari semisintetici possiedono la tale capacità.

Analogamente ad acidi biliari endogeni, sostanze naturali, quali alcuni triterpenoidi (acido betulinico, acido oleanolico ed acido glicirrizzico), sono in grado di legare l'Rbd di Spike e sono moderatamente efficaci nel ridurre il legame con Ace2. Infine, farmaci e loro metaboliti a struttura steroidea (ad esempio il carnenoato di potassio) interferiscono con il legame tra Spike ed Ace2. Il lavoro è stato supportato da un grant di ricerca della società Bar Pharmaceuticals SrL alle due università ed i risultati della ricerca sono stati oggetto di una domanda di brevetto italiano.

"Gli studi fondamentali di vari gruppi di ricerca hanno mostrato che la mutazione della proteina Spike di Sars-CoV2 conferisce al virus affinità per una sequenza proteica complementare localizzata sulla regione carbossipeptidasica del recettore umano Ace2), un recettore che metabolizza l'angiotensina II per generare angiotensina 1-7. Il legame con il recettore è necessario affinché un altro enzima, Tmprss2, separi la sequenza S1 da S2 di Spike. La porzione S2 della proteina una volta esposta aggancia la membrana cellulare dell'ospite dando inizio al meccanismo molecolare di ingresso del virus. In breve il virus Sars-Cov2 'pirata' un recettore umano".

"Nell'indagare il meccanismo di azione del virus - proseguono i ricercatori - ci siamo accorti però che l'organismo è in grado di mettere in campo contromisure non immunologiche, cioè molecole endogene non derivanti dalla risposta immunitaria, che legando alcune regioni localizzate nell'Rbd di Spike ne prevengono/riducono il legame con Ace2, impendendo l'ingresso del virus nelle cellule bersaglio. Se il virus funziona quindi come un 'pirata' che utilizza un recettore umano per entrare in una cellula bersaglio, il nostro organismo possiede anche meccanismi difensivi in grado di ridurre la capacità del virus di legare il suo recettore target".

"Dal punto di vista della terapia, sembra probabile che l'approccio sviluppato non consentirà di trattare pazienti con quadri gravi di distress respiratorio, perché gli anticorpi del siero iperimmune ottenuto da pazienti guariti da Covid-19 sono molto più efficaci nell'inibire il legame tra Spike con Ace2 delle molecole da noi scoperte. Tuttavia, le sostanze studiate ed altre che speriamo di poter investigare a breve, sono in alcuni casi molecole endogene o farmaci già ampiamente utilizzati da molti anni, con un consolidato profilo di sicurezza, il che ne consentirebbe un uso immediato nei pazienti con Covid-19. Questo approccio, potrebbe quindi consentire di ridurre in modo drastico i tempi per l'esecuzione di trial clinici", concludono i ricercatori.

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