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App Immuni, dati reali molto più bassi dei download dichiarati

A Financialounge.com Pier Luca Santoro di DataMediaHub spiega perché il dato delle app installate e in uso potrebbe essere molto inferiore rispetto al numero dei download comunicato del governo

A Financialounge.com Pier Luca Santoro di DataMediaHub spiega perché il dato delle app installate e in uso potrebbe essere molto inferiore rispetto al numero dei download comunicato del governo

Mezzo milione di download in 24 ore, due milioni  dopo pochi giorni. Subito dopo il lancio sperimentale in quattro regioni (Marche, Liguria, Abruzzo e Puglia) il dibattito mediatico sull’app di tracciamento Immuni si è concentrato sul numero dei download. Ma siamo sicuri che sia questo il dato più importante per un’app che dovrebbe essere, nell’idea del governo, l’arma più importante per la fase post-lockdown?

DUE MILIONI DI DOWNLOAD
Prima di rispondere a questa domanda con l’aiuto di Pier Luca Santoro di DataMediaHub, è bene cercare di contestualizzare questi dati. Per essere efficace, dicono gli esperti, un’app del genere deve essere utilizzata da almeno il 60% della popolazione. Secondo il commissario per l’emergenza Domenico Arcuri, l’app sarebbe stata scaricata, fino al 7 giugno, da due milioni di italiani, dopo i 500mila download registrati nelle prime 24 ore.

IL CONFRONTO CON L’ESTERO
Tanti? Non esattamente, visto che siamo a circa il 3% della popolazione. Confrontando i dati con esperienze simili in Australia e Norvegia, ci si rende conto che la strada è ancora lunga. In questi due Paesi l’app di contact tracing scaricabile su base volontaria, come in Italia, a cinque giorni dal lancio ha registrato percentuali tra il 20 e il 25 per cento. E in entrambi i casi i dati sono stati giudicati assolutamente insufficienti per un corretto funzionamento, con il Guardian che ha bollato senza mezzi termini come “fallimentare” l’esperienza australiana.

I DOWNLOAD SIGNIFICANO POCO
Inoltre, per un’app di tracciamento il dato più importante, essenziale per raggiungere lo scopo, non è quello dei download, ma quello sull’utilizzo. A farlo notare per primo è stato Pier Luca Santoro, consulente di marketing, comunicazione e project manager di DataMediaHub, think tank su editoria e digitale. Pochi giorni dopo il debutto di Immuni, Santoro ha twittato un dato preso dal tool Sensor Tower facendo notare come “al netto di chi l’ha installata e disinstallata”, i download di Immuni (solo su Android) sarebbero centomila mentre su iOS sarebbero ancora inferiori. Pur ammettendo un aumento nei giorni seguenti, si tratterebbe di un numero lontano dagli obiettivi prefissati.

NUMERI DI GRAN LUNGA MINORI
“Le statistiche dicono che, in generale, il 90% delle persone che scarica un’app la disinstalla entro un giorno – ha commentato Pier Luca Santoro a Financialounge.com – quindi è ragionevole pensare che anche per l’app Immuni i numeri siano di gran lunga minori perché non tengono conto delle cancellazioni seguite allo scaricamento. Senza dimenticare che questi dati sono relativi ai primi giorni e sostenuti dal battage mediatico sul lancio di Immuni. Solitamente tutte le app fanno registrare il grosso dei download subito dopo il lancio negli store”. Insomma, per avere un quadro più chiaro sarebbe auspicabile che il governo diffonda i numeri sull’effettivo utilizzo dell’app, visto che quelli sul download possono essere fuorvianti.

PROBLEMI TECNICI E SOVRAPPOSIZIONI
Inoltre, i problemi tecnici non sono mancati, come l’incompatibilità con gli smartphone Huawei (risolta ieri) e con gli iPhone troppo vecchi. Senza dimenticare la sovrapposizione con altre app regionali, che ha creato ulteriore confusione tra i cittadini. Ma secondo Santoro anche la scelta di partire con la sperimentazione in regioni meno colpite non è stata d’aiuto: “Si doveva partire da Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna, questo non ha aiutato. Così come la comunicazione che ha accompagnato il lancio è stata poco efficace, perché è stata una rincorsa continua dei problemi che man mano venivano segnalati sulla privacy e su altri aspetti”.

POCA COMUNICAZIONE DI SERVIZIO
Una comunicazione che forse poteva essere gestita diversamente dal governo durante tutto il periodo di lockdown? Ecco la risposta di Pier Luca Santoro: “Si poteva fare meglio, ma bisogna riconoscere che si trattava di una situazione completamente inedita, per la quale non esiste un manuale o pratiche consolidate, e il gradimento di Conte nei sondaggi dimostra che il giudizio sembra essere complessivamente positivo. Forse, dal mio punto di vista, sarebbero serviti meno annunci e più comunicazione di servizio, meno marketing politico e più comunicazione istituzionale”.

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