E' morta qualche giorno fa all'ospedale Civico di Pescara Alessia Ortense, trans 46enne. Sul manifesto funebre è stata indicata con il suo nome anagrafico al maschile, Dino, e questo ha scatenato la rabbia degli amici e della comunità trans. A darne notizia con un post denuncia su Facebook Giovanna Miscia, organizzatrice delegata per l’Abruzzo di Miss Trans Italia, che ha scritto: "Un altro caso di mancanza di rispetto per l'identità di una persona trans. Nemmeno da morta è stata considerata nel giusto modo".
"Sono venuta a conoscenza della morte di questa ragazza trans di Pescara, che non era una mia amica, ma una semplice conoscenza. Essendo al corrente della sua esistenza, mi sono meravigliata del nome maschile sui manifesti. Infatti, sui necrologi, è stato messo il nome al maschile di Alessia, mentre Alessia è il nome con cui io l’ho conosciuta a Pescara. Io posso capire il dolore e lo sconforto dei genitori in questo momento. Posso capire anche che si tratta di un momento molto delicato, però sarebbe stato giusto almeno aggiungere al nome 'anagrafico' quello d’elezione della ragazza, oppure potevano metterlo tra parentesi o potevano scrivere 'detta Alessia'".
"Io - aggiunge - non voglio muovere critiche né ai genitori né ai parenti, perché posso comprendere il dolore della loro perdita. Ho voluto però portare l’attenzione su quanto accaduto, perché, essendo stata anche presidente di un’associazione trans del territorio, vorrei che le persone trans continuassero a essere considerate, anche dopo la morte, per come volevano esserlo in vita", ha detto Giovanna a Gaynews.
Alla denuncia pubblica si è unita, su Facebook, anche Daniela Lourdes Falanga, presidente di Arcigay Napoli, che ha scritto "Giovanna Gio Miscia denuncia un altro caso di irriconoscenza alla vita di una donna trans. Dopo Alessia, dopo Valentina, dopo chissà quante e quanti invisibili, ancora il macabro utilizzo dell’egoismo nella totale negazione all’esistenza. Così una donna ridiventa un uomo nel silenzio della morte. Spero in un percorso di consapevolezza delle famiglia".
"E' la seconda volta in pochi mesi che accade: due mesi fa a Pompei, ora a Pescara. Sul manifesto funerario c'è il nome da uomo, ma il defunto, in vita, aveva scelto di vivere da donna. E' una mancanza di pietas ed è la negazione della dignità di quelle persone che non scelgono di vivere in un'identità diversa da quella di nascita per dispetto, ma perché non si sentono in quella identità di genere che è un richiamo che non si può soffocare". Commenta così la vicenda Vladimir Luxuria.
"Un atto di egoismo e mancanza di accettazione da parte della famiglia che è davvero molto triste" dice ancora Luxuria. "La grande contraddizione del manifesto è al tempo stesso una mancanza di sensibilità - prosegue Vladimir Luxuria - La crudeltà in questo caso è la contraddizione palese tra i riferimenti declinati al maschile e la foto femminile. Se una famiglia ti vuole bene ti capisce, ti accetta e ti rispetta. La pietas dovrebbe andare oltre il proprio egoismo".
"Mi sto battendo per l'approvazione della futura legge contro la omotransfobia in discussione ora al Senato che dovrebbe rendere obbligatorio riconoscere l'identità di genere della persona anche per i riti funebri - conclude -. Se abbiamo la libertà di scegliere in vita il rito in base alla fede religiosa, perché non dovremmo scegliere come essere ricordate da chi veramente ci vuole bene?".