Rocco Lomazzi ed Edoardo Grattirola sono i fondatori di Sweetguest, un'azienda che ha rivoluzionato il modo di affittare casa per brevi e medi periodi. Nata nel marzo 2016 con l’obiettivo di aiutare i proprietari di immobili a gestire e valorizzare la loro casa in affitto, la piattaforma ottimizza la visibilità dell’immobile, le prenotazioni online e garantisce la qualità dei servizi necessari per le locazioni turistiche, come pulizie, servizio lavanderia, shooting fotografico degli spazi, check-in, comunicazioni con ospiti e proprietari. Operando quindi a cavallo tra settore immobiliare e turistico, hanno potuto osservare dalla trincea l'impatto della pandemia ed elaborare una strategia per sopravvire allo tsunami.
Quando e come è nata l’idea di creare Sweetguest?
Ci siamo conosciuti dopo Expo, a inizio 2016, in palestra. Edoardo lavorava in una multinazionale tecnologica mentre io lavoravo nel real estate. Ci siamo accorti che il segmento dell’ospitalità era un’opportunità e una industria ancora ferma e poco propensa all’innovazione quindi c’erano margini per migliorare tutti i passaggi della filiera. Oggi sia il mondo dell’ospitalità sia quello immobiliare hanno finalmente capito quanto sia importante l'analisi dei dati. La nostra idea è stata quella di cogliere l’opportunità degli affitti brevi sfruttando la tecnologia, in un segmento in cui quest’ultima c’era davvero poco. Questo ci ha permesso di crescere molto velocemente. A fine 2019 siamo arrivati a gestire 1200 appartamenti in quattro città italiane (Milano, Roma, Firenze e Venezia) anche se siamo presenti in modo più contenuto anche a Padova, Treviso, Torino, Trieste.
Come vi dividete i compiti?
Edoardo si occupa più della parte operativa come Ceo, Rocco più di quella commerciale e dello sviluppo del business in veste di presidente. Nei fatti siamo tutti e due profondamente operativi e ci confrontiamo quotidianamente sulla parte strategica.
Qual è l'elemento di forza di Sweetguest?
Sicuramente è fondamentale il rapporto molto solido tra noi due, anche se siamo una realtà che coinvolge 60 persone. Abbiamo poi deciso di sviluppare una tecnologia di prezzo dinamico che ci aiutasse ad avere risultati visibili e chiari. Usiamo infatti, un algoritmo simile a quello adottato dalle compagnie aeree e quello è sicuramente la forza che ci ha portato a raccogliere più di 10 milioni di euro dalla fondazione a oggi, grazie all’investimento anche dei due grossi fondi Indaco e CDP Venture Capital.
Qual è la competenza più importante chiesta a un manager oggi?
Dopo il Covid il mondo è cambiato, ma la flessibilità resta la capacità più importante per un imprenditore. Essere adattabili e in grado di cambiare velocemente è indispensabile e questa crisi ce lo ha confermato. Quando la musica cambia, si deve ballare in modo diverso. Oggi le città non sono più mete turistiche quindi stiamo cercando di espanderci in zone di vacanza. Cerchiamo di portare il servizio che avevamo pensato per la metropoli e per una utenza business (internet veloce e spazi per lavorare da casa, il ferro da stiro etc.) nelle case vacanze. Con lo smart working infatti, tante persone lavoreranno dal mare e quindi avranno esigenza di essere operativi anche da lì.
La pandemia ha impattato sia il turismo sia il settore immobiliare: pensate che sia solo un inciampo temporaneo oppure hanno ragione quanti dicono che ha ucciso la sharing economy e che i cambiamenti saranno a lungo termine?
A livello generale ci saranno sicuramente dei grossi cambiamenti, a partire dall’uso degli uffici. C’è stata in tre mesi una accelerazione pari a quella che di solito avviene in dieci anni. Le realtà non digitalizzate rimarranno indietro. Per il settore turismo non possiamo parlare solo di un inciampo: noi abbiamo registrato un calo dell'attività del 90% in pieno lockdown, ma adesso ne stiamo uscendo e pensiamo che le tipologie di richieste cambieranno. Se prima chi affittava un immobile per un breve periodo cercava una piccola metratura, oggi c’è più interesse per case grandi, magari con terrazzo o giardino, con internet veloce che permette di lavorare da casa. L'attenzione ai temi dell’igiene e della sanificazione degli ambienti è sicuramente aumentata. L'utenza si sta orientando insomma verso immobili adatti per soggiorni più lunghi. Il turismo non scomparirà ma deve sicuramente adattarsi. La nostra fortuna è quella di essere nati con una mentalità data driven e tecnologica e questo ci mette già un passo avanti rispetto al mercato.
Quali sfide vi aspettano?
Il futuro è ancora incerto e il nostro motto resta "innovare, innovare, innovare". La cultura che cerchiamo nei manager è l’adattabilità. Sopravvive sono chi riesce a cambiare mettendo da parte preconcetti e certezze, rimanendo al passo con il mercato e con le esigenze del consumatore.
Come vi tenete aggiornati?
Leggiamo molto, studiamo continuamente. Analizziamo i report di mercato per capire cosa succede e cosa succederà. La cosa migliore è essere curiosi e approfondire, senza fermarsi alle prime pagine e ai titoli dei giornali. Quest’anno poco prima di Natale abbiamo fatto un corso di formazione manageriale per tutto il team proprio perché siamo convinti che non ci si possa mai sedere.
Come trascorrerete invece il vostro tempo libero?
Siamo sportivi e amanti della buona tavola. Ci siamo conosciuti in una palestra di arti marziali, praticavamo lo jiu jitsu brasiliano: abbiamo iniziato insomma picchiandoci e abbiamo finito con il diventare amici e poi soci.
Quale consiglio date a chi vuole intraprendere una carriera oggi?
Chi vuole fare impresa e mettersi in gioco in Italia ha un’opportunità in più proprio perché il nostro Paese è ancora indietro. Tutta la filiera food e retail è al 90% offline e lì, per esempio, vediamo opportunità incredibili. C’è meno competizione, la sfida più grossa è che mancano i talenti.
Digitale e Italia: come siamo messi e cosa si può fare per aumentare il livello di innovazione del nostro Paese?
Di opportunità ce ne sono tante. Da imprenditori diciamo che sarebbe bello avere più aziende digitali per avere un ecosistema ricco, che offra nuovi talenti. E poi non bisognerebbe fare affidamento sugli aiuti esterni, statali e non, perché siamo artefici del nostro destino. Anche durante la pandemia si è visto: non bisogna aspettarsi più di tanto, ma trovare da soli le soluzioni per fare business, avendo a volte il coraggio di chiudere e di ripartire con un nuova idea.