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Imprese, lavoro e conseguenze legali dell'emergenza Covid-19

Le imprese si trovano al momento prive di una reale garanzia in grado di poter escludere la responsabilità penale del datore di lavoro, anche nel caso in cui lo stesso abbia provveduto a dotare i propri dipendenti di protezioni individuali

Ansa

In una situazione come quella attuale non sfugge lo squilibrio che si sta creando nei rapporti tra imprese e privati. In particolare, a un possibile mancato rispetto delle parti per gli accordi precedentemente contrattualizzati e ora messi pericolosamente in discussione a causa di una impossibilità sopravvenuta. E questa situazione rischia infatti di essere una ‘bomba a orologeria’ per tutti. Pertanto, è inevitabile che il Covid-19 possa sicuramente comportare criticità o impossibilità all’adempimento (anche per via delle restrizioni governative) ma il rischio più grande è che ci possa essere una strumentalizzazione degli avvenimenti, generando ulteriore confusione e conseguenze penalizzanti per le parti, che già si trovano in condizioni di ‘non’ normalità.

Strumenti giuridici per affrontare l’emergenza. Nel caso in cui le parti non avessero già fissato un’intesa a proposito della clausola di “forza maggiore”, l’attuale contesto rappresenta sicuramente un’opportunità – pur inattesa – per rinegoziare in buona fede alcuni dettagli del rapporto (tempi, quantità, cadenza, partizioni della prestazione) mediante una scrittura integrativa (c.d. addendum), anche solo limitata ad affrontare questo frangente. Sicuramente, è opportuno che la parte colpita sia diligente nei propri sforzi e soprattutto informi tempestivamente l’altra parte delle criticità attuali o potenziali. La responsabilità dell’inadempimento, infatti, molto dipende dal comportamento complessivamente tenuto. Sarà necessario valutare le problematiche oggettive afferenti alla prestazione, non alla capacità economico-finanziaria del soggetto. Nel caso in cui la situazione sia insostenibile si potrà richiedere, quale extrema ratio, la risoluzione del contratto, che si auspica sia consensuale.

Rischi e risvolti di tipo penale per le imprese che vogliono riaprire l’attività. A questa situazione di incertezza, per le imprese, oltre alle mancate vendite nel periodo di lockdown e al costo elevatissimo sostenuto nella fase di riapertura in termini di messa in sicurezza di lavoratori e luoghi di lavoro, si prospetta anche la responsabilità penale dei datori di lavoro che punisce reati come quelli di omicidio colposo e lesioni personali colpose in conseguenza di una violazione della normativa a tutela dell’igiene e della sicurezza sul lavoro. Già introdotta con il DLgs n. 231/2001, a cui è seguita l’equiparazione fatta dall’articolo 42 del Dl n. 18/2020 tra infortunio sul lavoro e contagio da Covid-19 e grazie al quale è possibile ottenere la copertura assicurativa Inail, la normativa rischia di mettere in ginocchio le piccole e grandi aziende impossibilitate a reggere i costi derivanti da eventuali sanzioni correlate all’inosservanza delle misure anti-contagio.  

Come previsto dai protocolli di sicurezza del 14 marzo e del 24 aprile 2020, sarà quindi compito dell’imprenditore agire con zelo e tempismo, innanzitutto attuando una revisione del Documento di Valutazione dei Rischi in funzione del rischio biologico. Allo stesso tempo, dovranno essere previste procedure per limitare le opportunità di contagio, anche e soprattutto mediante l’introduzione di Dispositivi di Protezione Individuale adeguati al tipo di attività e alle mansioni dei lavoratori, la previsione di eventuali corsi di formazione, l’incentivazione di modalità di telelavoro (smart working e remote working) o di teleconferenza con i clienti, la contingentazione di assembramenti e ingressi e una maggiore turnazione di personale non necessario e degli avventori. Ma purtroppo questo potrebbe non bastare per evitare di incorrere in un reato penale.

Considerando il lungo periodo di incubazione del virus e non essendo quindi possibile stabilire come e dove il contagio sia effettivamente avvenuto, le imprese si trovano al momento prive di una reale ‘garanzia’ o norma in grado di poter escludere la responsabilità penale del datore di lavoro, anche nel caso in cui lo stesso abbia provveduto a dotare i propri dipendenti di protezioni individuali, mantenuto i luoghi di lavoro sanificati, vigilato sulle distanze interpersonali e assicurato il contingentamento, così come previsto dalla normativa nazionale.  Il discorso poi si complica ulteriormente nel caso degli asintomatici.

In realtà, qualcosa si sta già muovendo sia a livello politico sia tra le istituzioni competenti. Da poco, infatti, è stato proposto un emendamento al Dl Liquidità che solleverebbe il datore di lavoro dalla possibile responsabilità penale nel caso in cui un proprio dipendente dovesse contrarre il virus. In attesa che venga definitivamente approvato, è evidente che bisognerà fare in fretta per evitare un ‘cortocircuito’ ben più ampio e per mettere le aziende, soprattutto piccole e micro, in condizioni di poter ripartire serenamente.

Commento a cura del prof. avv. Antonello Martinez, fondatore e titolare dello Studio Legale Associato Martinez & Novebaci.

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