le parole della crisi

Recovery Fund, le proposte di Francia e Germania e dei Paesi rigoristi

La Commissione europea ha alla fine accolto tutte le proposte ed elaborato una sintesi: 750 i miliardi di euro sul piatto

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L'Unione europea ha messo in campo un ventaglio di risposte diverse all'emergenza pandemica: sospensione del Patto di stabilità, istituzione del Fondo Sure, investimenti della Bei, Quantitative easing eccezionale da parte della Banca centrale europea, modifiche al Mes, creazione del cosiddetto Recovery Fund. Quest'ultimo punto è stato definito soltanto il 27 maggio quando la Commissione ha avanzato la propria proposta, ma fino a questo momento è stato motivo di spaccatura dei 27 paesi in almeno due fazioni opposte: da una parte i paesi mediterranei (tra cui l'Italia) riuniti intorno alla proposta di Germania e Francia, dall'altra i paesi del Nord che insistono nel non voler distribuire soldi a fondo perduto, nemmeno per far fronte al Coronavirus. 

La proposta di Germania e Francia che piace all'Europa del Sud - La fronda del Sud, con Francia e Italia in testa, chiede una potenza di almeno mille miliardi destinata per metà in sovvenzioni a fondo perduto. A differenza del pacchetto Bei-Mes-Sure da 540 miliardi già predisposto che si finanzia con emissioni e concede prestiti, i 500 miliardi del Recovery fund così come immaginato dalla cancelliera Angela Merkel e dal presidente francese Emmanuel Macron sarebbero trasferimenti parzialmente "a fondo perduto", soldi cioè che andrebbero restituiti per quota e  che andrebbero messi in conto al bilancio europeo. 

Per alimentare tale fondo si pensa all'emessione di bond della Commissione europea, probabilmente con rating tripla A, un escamotage che permetterebbe di non aumentare la quota di contributi che ogni Paese versa all'Europa, scenario quest'ultimo avversato dalle nazioni che non vogliono trovarsi a pagare il conto di altri.

 "Viene detto chiaramente - spiega all'Ansa Carlo Cottarelli, direttore dell'Osservatorio sui conti pubblici, ex Fmi ed ex commissario alla spending review - che devono esserci trasferimenti fra i Paesi. È un elemento di solidarietà europea che va oltre il poter emettere a tassi più bassi" di quanto farebbe l'Italia da sola. Per l'Italia, in gioco c'è un beneficio netto di almeno 45 miliardi, vale a dire la differenza fra i 110 miliardi che il Paese avrebbe come trasferimenti per l'impatto della pandemia (sulla base dei morti da Covid e della quota di calo del Pil) e i 65 miliardi da versare nel Multiannual Fiscal Framework europeo (cioè il bilancio a lungo termine dell'Ue). Detto in altri termini: riceveremmo dall'Unione europea più di quanto versato come paese membro. A tale cifra si aggiungerebbero i 60 miliardi dalla Bei e dal fondo Sure stimati dal ministro dell'Economia Roberto Gualtieri e, potenzialmente, ai 36 miliardi del Mes.   

La proposta di Olanda, Austria e Nord Europa - Il Nord Europa, guidato da Finlandia, Olanda, Danimarca, Svezia e Austria, punta a cifre più basse, distribuite in prevalenza attraverso prestiti, e vincolate a programmi europei e riforme. I Paesi cosiddetti "frugali", sono profondamente contrari alla mutualizzazione del debito: nella loro ipotesi, la spesa eccezionale cade sulla testa del singolo e non può essere inclusa nel calderone unico del bilancio europeo. Nel condominio europeo, il tetto che perde, insomma, se lo paga solo chi abita all'ultimo piano, al massimo gli si viene incontro con condizioni agevolate di accesso al prestito, e chiedendo comunque di rigare dritto per gli anni a venire.

La loro controproposta sul Recovery Fund per la ripresa economica post coronavirus è stata spiegata attraverso un documento - un non-paper, com'è chiamato in gergo diplomatico -  inviato alle capitali europee e a Bruxelles. Non vengono fatte cifre ma viene chiarito che che potranno essere concessi solo prestiti "a condizioni favorevoli ai Paesi che più ne hanno bisogno", e  che si opporranno a "significativi aumenti nel bilancio Ue".