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Coronavirus, Lancet: la clorochina aumenta il rischio di mortalità 

Il farmaco, assunto da Donald Trump come profilassi, sembra legato a più casi mortali tra chi è ricoverato per Covid e problemi al cuore. Analizzati i dati di 15mila persone trattate

L'idrossiclorochina e la clorochina, i farmaci antimalarici in fase di sperimentazione contro il coronavirus, sembrano collegati a un maggior rischio di morte tra i pazienti ricoverati in ospedale per il Covid e con problemi al cuore. Tali medicinali, che Donald Trump sta assumendo come profilassi anti-virus, non sembrano inoltre produrre benefici sui pazienti. E' quanto rivela uno studio pubblicato sulla rivista Lancet.

Sotto osservazioni 15mila pazienti di tutto il mondo - Secondo i ricercatori dell'università Sorbona di Parigi, che hanno realizzato la ricerca, non si segnalerebbero effetti benefici sia se i farmaci vengono assunti da soli sia se associati a un antibiotico. Lo studio ha messo sotto osservazione i dati di 15mila persone trattate con gli antimalarici e con uno dei due antibiotici che a volte gli sono stati abbinati. I malati erano ricovarti in 671 ospedali in diversi Paesi. 

Terapia a rischio in qualsiasi combinazione di farmaci - In qualsiasi combinazione dei quattro farmaci, la terapia è risultata associata a un maggior rischio di morte rispetto a quello osservato in 81mila pazienti a cui questi farmaci non sono stati somministrati. Il maggior rischio è stato osservato nel gruppo trattato con idrossiclorochina e un antibiotico, dove l'8% dei pazienti ha sviluppato aritmia cardiaca, rispetto allo 0,3% del gruppo di controllo. 

La rivista Time dedica la propria copertina all'emergenza coronavirus e ai suoi "eroi"

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La rivista Time dedica la copertina agli "eroi in prima linea" nella lotta al coronavirus. Sono "le storie di lavoratori coraggiosi che rischiano la vita per salvare la nostra", si legge. E tra loro c'è anche un italiano, Francesco Menchise, anestesista di Ravenna. "Quasi tutte le settimane, decidere cosa mettere in copertina è oggetto di un grande dibattito interno, questa settimana è stato semplice", scrive il magazine, che parla di una "lotta condotta in larga misura dai soccorritori in prima linea, dagli operatori sanitari che rischiano la vita alle persone che effettuano consegne, dai dipendenti delle farmacie ai medici legali che si trovano ad affrontare una conta dei morti da tempo di guerra. Questo numero e' dedicato a loro". Francesco Menchise ha 42 anni ed è anestesista dell'unità di terapia intensiva Covid-19 presso l'ospedale Santa Maria delle Croci di Ravenna. "Le operazioni di intubazione sono quelle in cui sei maggiormente esposto all'aerosol del paziente - spiega. - Siamo abituati ad essere sotto pressione, ma non lo siamo mai stati così come lo siamo ora. I dispositivi di protezione non mancano, però, abbiamo tutti paura di essere infettati". "L'effetto più evidente dello stress è che non dormo più bene - prosegue Menchise. - Lavoro circa lo stesso numero di ore di prima, 40 a settimana, ma è più impegnativo a livello mentale. Oltre il 50% delle persone intubate non ce la fa; e uno degli aspetti più dolorosi di queste morti è che i parenti non possono vedere i loro cari un'ultima volta"

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