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Quanti posti di lavoro perderemo?

Secondo il Def nel 2020 ci sarà un calo dell’occupazione del 2,1% pari a 500mila posti di lavoro. Va ancora peggio in altri paesi: negli Usa quasi 40 milioni di persone hanno chiesto il sussidio statale

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Serrande sollevate, clienti in fila e negozi sanificati. Il lockdown è ormai un ricordo. Dal 18 maggio i commercianti possono tirare un sospiro di sollievo. O almeno ci provano. La ripresa infatti appare ancora un miraggio. E per alcuni potrebbe essere un obiettivo irraggiungibile. La favola dello smart working non regala un lieto fine a tutti. Se molte aziende grazie a questo strumento hanno e stanno raccogliendo ottimi frutti, alcuni – come i lavoratori in nero e i precari – non ne hanno la possibilità e non vedranno ancora per molto tempo. Cerchiamo di fare il punto sui posti già persi e gli scenari futuri rispondendo a un lettore, Paolo Crisafulli, che ci ha chiesto una news on demand: "Io e i miei colleghi non abbiamo ancora ricevuto la cassa integrazione in deroga e vorremmo capire cosa succederà ai lavoratori italiani nei prossimi mesi".

I dati italiani - Secondo Paolo Capone, segretario generale dell’Ugl "se non si interviene subito sono a rischio più di un milione di posti di lavoro e l’11% della nostra capacità produttiva potrebbe essere compromessa per sempre".

Dall’ultimo rapporto Istat emerge che il mercato del lavoro è fermo. A marzo è stata registrata una diminuzione dell’occupazione pari a -27mila unità e nel trimestre gennaio-marzo 2020 il calo è di -94mila unità. La diminuzione dell’occupazione coinvolge sia le donne (-18mila unità) sia gli uomini (-9mila) portando il tasso di occupazione al 58,8%. Una variazione piuttosto leggera rispetto a febbraio quando si attestava al 58,9%. 

 A subire un calo è soprattutto la ricerca di lavoro, il cui tasso tocca i -267mila unità (-98mila tra le donne e -169mila tra gli uomini). Il tasso di disoccupazione scende all’8,4% (a febbraio si fermava al 9,7%) e, tra i giovani, al 28,0% mentre a febbraio era del 29,6%. A marzo, la consistente crescita del numero di inattivi (+2,3%, pari a +301mila unità) - tre volte più elevata tra gli uomini (+3,9% pari a +191mila) rispetto alle donne (+1,3% pari a +110mila) - porta il tasso di inattività al 35,7% (+0,8 punti). 

Considerate le difficoltà economiche che molti lavoratori saranno costretti ad affrontare - soprattutto quelli autonomi che spesso hanno contratti precari - il Governo nel Decreto Rilancio, in Gazzetta ufficiale del 19 maggio -, ha confermato anche per il mese di aprile il bonus da 600 euro per i somministrati, gli stagionali, gli autonomi senza partita Iva, gli incaricati di vendite a domicilio, quelli dello spettacolo con almeno 7 giornate di contributi versati nel 2019. L’aiuto nel mese di maggio aumenterà fino a mille euro. In quest’ultimo caso i paletti fissati sono diversi: i liberi professionisti, per esempio, dovranno dimostrare di aver subito forti perdite di reddito e i co.co.co. di essere rimasti senza lavoro.

Un bonus di 600 euro per aprile e maggio è previsto anche per i lavoratori sportivi impiegati con rapporti di collaborazione, riconosciuti dalla società Sport e Salute S.p.a. mentre per quelli domestici ne è previsto uno da 500 euro per gli stessi mesi.

Attualmente questi aiuti "sono sufficienti per sopravvivere. Per la ripartenza – spiega a TgCom24 Rosario De Luca, presidente della Fondazione Studi consulenti del lavoro - bisogna capire come andrà l’economia, quanta voglia ha la nostra società di ripartire e far circolare denaro. Il problema fondamentale è il mancato sostegno all’impresa. Il sistema bancario non ha risposto in nessun modo perché ritiene di non aver avuto giuste garanzie. Se le aziende non ripartono nemmeno l’economia riparte. Il 40% di queste non ha riaperto nonostante avrebbe potuto. Questa manovra non mette al centro il sostegno alle imprese".

Ampie fasce della popolazione rimangono scoperte. Parliamo dei lavoratori in nero. Per questa categoria, infatti, alcuni economisti hanno proposto il reddito di quarantena: un sussidio universale che, una volta individuati i parametri, sarà elargito a tutti. In Italia, nel decreto Rilancio, è stato prevista una misura simile che prende il nome di “reddito di emergenza” che si affianca a quello di cittadinanza e che serve a coprire le esigenze delle categorie rimaste fuori da qualsiasi misura come, per esempio, i residenti stranieri. 

I dati nel resto del mondo - Il 37,5% dei lavoratori del mondo corre il rischio di non riprendersi più dalla crisi. Ad affermarlo è l’Organizzazione Internazionale del lavoro. Nel secondo trimestre del 2020 si perderanno almeno 305 milioni di posti a tempo pieno.

In Europa, lo strumento più utilizzato per mitigare questo rischio è un sussidio statale – simile alla nostra cassa integrazione che attualmente è stata richiesta per 7,2 milioni di persone – destinato alle imprese e con cui pagare una parte degli stipendi dei lavoratori lasciati a casa o che lavorano con orario ridotto.

In Germania, per esempio, è stato utilizzato il Kurzarbeit (lavoro ridotto). Lo strumento è stato richiesto da oltre 10 milioni di soggetti. Con la pandemia, il governo tedesco ha abbassato i requisiti necessari per averlo e allargato l’entità del sussidio. Per gli autonomi è stato previsto un sussidio equivalente al fatturato perso. Ogni singolo governo regionale ha stabilito le modalità di erogazione e l’entità dell’aiuto. A oggi può arrivare fino all’80% dello stipendio originale.

In Francia lo stesso strumento, che prende il nome di chomage partiel e durerà fino a giugno, è stato richiesto da 12 milioni di lavoratori ed è finanziato con 24 miliardi di euro, di cui 16 forniti dallo Stato e il resto da una forma di assicurazione obbligatoria. Per gli autonomi è stato previsto un sussidio fisso pari a 1500 euro, che per le imprese individuali può arrivare fino a 2mila euro. In alcuni Paesi l’immenso numero di richieste e la scarsa preparazione delle agenzie incaricate di gestire le domande hanno portato a ritardi e problemi. In Belgio molti sindacati hanno ricevuto migliaia di lamentele e in Italia circa un terzo delle richieste non è ancora stato pagato. 

Negli Stati Uniti, le piccole e medie imprese hanno avuto la possibilità di accedere a dei prestiti a breve termine erogati dal governo federale. Alla scadenza di questi, quelle che hanno mantenuto almeno il 90% dei loro dipendenti non dovranno restituire nulla. Inoltre, quasi 40 milioni di persone stanno percependo un sussidio di disoccupazione.

"Il modello italiano e tedesco prevede – spiega a TgCom24 Claudio Lucifora, economista e docente di economia politica all’Università Cattolica di Milano - di mantenere i lavoratori, evitando licenziamenti, e pagando loro lo stipendio. Nel caso statunitense si sussidiano i disoccupati, nel caso italiano e tedesco i posti di lavoro. Non è possibile sapere quale dei due modelli sia il migliore. In quello americano è possibile ovviamente capire quanti posti di lavoro si sono persi, in Italia e Germania no. Questo perché nel nostro Paese, per esempio, sono stati bloccati i licenziamenti e si è ricorso alla cassa integrazione. Diverso è il discorso per i lavoratori con un contratto a termine. Una volta scaduto il contratto, questo non sarà più rinnovato e le imprese, che avevano una quota di lavoratori a termine, non assumeranno più".

Come cambierà il mercato del lavoro - La pandemia ha obbligato molte aziende a utilizzare uno strumento che negli ultimi anni era ai margini della propria attività produttiva: lo smart working. Alcune multinazionali, come Twitter, negli ultimi giorni hanno addirittura affermato che probabilmente continueranno a utilizzare il lavoro da casa anche dopo la fine della pandemia. Per i lavoratori dipendenti, lavorare da remoto ha rappresentato per certi versi una novità, ma non ha causato problematiche particolarmente evidenti.

Diverso è per i lavoratori autonomi, spesso precari, lasciati a casa o costretti a rinegoziare i propri compensi. Secondo il Def nel 2020 ci sarà un calo dell’occupazione del 2,1% pari a 500mila posti di lavoro. A fronte di questa situazione, alcuni sindacati e associazioni si sono mosse dando vita a osservatori per il mercato del lavoro, come quello composto da Ugl-Federterziario-Assoartigiani-Unsic.

"Quello che dobbiamo aspettarci – precisa il professore Lucifora - è che a un certo punto terminerà la cassa integrazione. Sarà però prolungato il decreto che disciplina il divieto di licenziamento e quindi, per tutta agosto, non si potrà licenziare. Questi decreti non saranno infiniti e quindi è giusto che questi lavoratori siano messi in condizione di essere reinseriti sul mercato. Probabilmente il tasso di disoccupazione salirà di molto e quindi la soluzione sarà quella di creare nuovi posti di lavoro in settori come quello sanitario o nella produzione di strumenti a sostegno della sanità, come le mascherine. Soprattutto sarà necessario consentire una riqualificazione del lavoratore che non sarà fattibile però nel giro di poche settimane. Ci dovranno essere quindi, oltre alla liquidità alle imprese, delle politiche dirette alla formazione e al ricollocamento dei lavoratori e cioè bisognerà accompagnarli verso nuovi posti. Al momento è tutto in stallo e nessuno parla ancora di questa possibilità e questo farà sì che l’Italia si troverà del tutto impreparata nella gestione di questo problema".

Articolo realizzato in collaborazione con il master biennale in giornalismo della IULM, contenuto a cura di Ilaria Quattrone.