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Corruzione in atti giudiziari, ai domiciliari il procuratore di Taranto: "Respingo ogni accusa"

Lo stesso provvedimento è stato eseguito a carico di un ispettore della polizia e di tre imprenditori della provincia di Bari. Indagato anche il procuratore di Trani, Antonino Di Maio

Il procuratore della Repubblica di Taranto, Carlo Maria Capristo, è agli arresti domiciliari con l'accusa di corruzione in atti giudiziari. "Respingo ogni accusa", ha detto il magistrato tramite il suo legale. Lo stesso provvedimento è stato eseguito a carico di un ispettore della polizia in servizio nella Procura tarantina e di tre imprenditori della provincia di Bari. Indagato anche il procuratore della Repubblica di Trani, Antonino Di Maio.

L'inchiesta, cominciata un anno fa, è portata avanti dalla Procura di Potenza. Le accuse fanno riferimento al periodo in cui Capristo era procuratore a Trani. Oltre al magistrato, sono agli arresti domiciliari l'ispettore Michele Scivittaro, in servizio presso la Procura di Taranto, e gli imprenditori pugliesi Giuseppe, Cosimo e Gaetano Mancazzo. Il procuratore Di Maio è invece indagato per abuso d'ufficio e favoreggiamento.

In particolare, secondo l'accusa, Capristo cercò di indurre il pm di Trani Silvia Curione a perseguire ingiustamente una persona per usura, facendo temere al magistrato ritorsioni sul marito, il pm Lanfranco Marazia, suo sostituto alla Procura jonica. Secondo l'accusa, gli imprenditori sono stati i mandanti. Il magistrato Curione, però, non solo si oppose fermamente, ma denunciò tutto.

Capristo "nega recisamente ogni addebito e rivendica la legalità, la dignità e il rispetto della funzione da sempre esercitati nel suo ruolo professionale e nella sua vita privata", ha affermato l'avvocato difensore Angela Pignatari.

Il procuratore di Taranto e Scivittaro sono inoltre "gravemente indiziati di truffa ai danni dello Stato e falso". L'ispettore risultava presente in ufficio e percepiva gli straordinari, ma in realtà rimaneva a casa e svolgeva "incombenze" per conto del procuratore. Gli inquirenti hanno effettuato perquisizioni a carico di altre persone.

"La bambina mia": così Carlo Maria Capristo si riferiva alla pm Silvia Curione (ora in servizio a Bari) parlando con gli imprenditori. Secondo gli inquirenti, il procuratore di Taranto utilizzava l'immagine "bambina mia" per dimostrare ai Mancazzo "di avere autorità sulla Curione" che, invece, manifestò una "ferma opposizione" al tentativo di "aggiustare" il processo. La stessa Curione inviò poi una relazione all'allora procuratore di Trani, Antonino Di Maio, raccontando che l'ispettore di polizia Michele Scivittaro, collaboratore di Capristo, era andato da lei per indurla a portare avanti l'accusa.

Di Maio, secondo la ricostruzione degli investigatori, agì per "procurare l'impunità" di Capristo. Successivamente però la Procura generale di Bari prese in incarico l'inchiesta e la trasmise per competenza a Capristo alla Procura di Potenza.

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