Mancavano 700 chilometri a Capo Nord, ma dopo gli oltre 3.600 percorsi a piedi in compagnia del solo cane Victor, a oltre tre mesi di cammino attraverso l'Europa, in pieno inverno, per raccogliere fondi contro il neuroblastoma, Mikhael Bellanza, 28enne di Lodi, ha dovuto arrendersi a un imprevisto che, in tutti i suoi calcoli, non avrebbe mai potuto immaginare: la pandemia da coronavirus. "Avevo messo in conto tante difficoltà - racconta a Tgcom24 a neanche 24 ore dal suo rientro in Italia, - ma era impossibile pensare a quanto è capitato per il Covid-19. E non basta: dopo 5 mesi dalla mia partenza sono ancora fermo per i 14 giorni di quarantena, a Como. Comunque sono soddisfatto: la solidarietà, quella, non si è mai fermata, per fortuna".
Nonostante tutto, il viaggio è stato allora un successo?
"Sì, sono comunque soddisfatto perché l'obiettivo che mi ha spinto a mettermi in viaggio da Lodi a Capo Nord è stato ampiamente raggiunto. Sono stati raccolti oltre 21mila euro per la ricerca scientifica contro il neuroblastoma. In partenza, a dicembre, speravo di raggiungere almeno la somma di 10mila euro. E non posso che ringraziare tutti coloro che mi hanno seguito via Facebook in tutti questi mesi e mi hanno sostenuto in ogni modo in questa avventura".
Un'avventura che ha avuto sempre con sé un pizzico di follia, come aveva ammesso all'inizio del suo cammino.
"Sì, tanta follia per mettersi in viaggio, calcolando comunque anche più stop di quelli realmente fatti. Cercando di includere ogni ostacolo. L'inverno in primis, che invece è stato piuttosto clemente; difficoltà tecniche, magari si è rotta qualche volta in più del previsto la ruota del trasportino di Victor. Ma mai avrei pensato che a fermarmi sarebbe stata una pandemia".
Una beffa?
"Tra qualche anno ci riproverò a raggiungere Capo Nord. Di sicuro. Nel frattempo, sono tornato con un bagaglio molto più ricco e pesante di quello minimo con il quale ero partito. Riporto a casa i mille incontri, gli usi e i costumi che ho potuto assaporare di passaggio in luoghi mai visti prima, nuove abitudini di vita, alimentari, lavorative, scolastiche. E' un altro mondo ed è stato bello scoprirlo nel mio cammino".
Ma è già pronto per ripartire?
"No, per ora sono in stand by. Il rientro non è stato facilissimo, anche se era sempre possibile. Più che altro doveva essere organizzato per superare i confini chiusi dal coronavirus. Così nel mio mese e mezzo di fermo in Lapponia, trascorso tra riposo, studio e letture, prima ho spedito il carrellino di Victor in Italia, poi tramite agenzia ho acquistato un biglietto unico e completo fino a Milano, quando ho capito che ci sarebbe stato da aspettare ancora un altro mese, almeno. E alla fine sono stati due giorni e mezzo di viaggio, cambiando 11 mezzi di trasporto. L'ultimo il 12esimo, che era il treno Chiasso-Milano, è saltato e da Chiasso ho dovuto raggiungere Como con un taxi".
La prima cosa che ha fatto, finalmente a casa?
"Ho dormito tutto ieri, perché negli ultimi due giorni di viaggio c'è stato poco tempo per farlo".
Anche il rientro è stato comunque in solitaria, come l'andata?
"Eh sì, alla fine il coronavirus mi ha fatto tornare quasi solo. Poca la gente incontrata sui mezzi di trasporto. Tutti con la mascherina, me compreso. Anche se in Svezia non c'era un vero e proprio lockdown e in Germania la gente gira senza rispettare le distanze di un metro. Ma ora è bello essere di nuovo a casa e con il risultato di aver dato una grossa mano all'associazione del mio amico Raffaele, 'Una Milano onlus'. Questo per me era importante".
Gabriella Persiani