Dopo il lockdown

Fase 2: come uscire dal lockdown senza farsi travolgere dall’ansia

I meccanismi che entrano in gioco quando il timore convive con il desiderio di ripartire

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Fino a questo momento il fatto di stare chiusi in casa chi ha fatti sentire al sicuro, per quanto annoiati e un po’ depressi. Ora i blocchi si stanno aprendo e ci viene restituita la facoltà di muoverci, di lavorare e di incontrare i nostri cari. Eppure, le sensazioni di ansia e di affaticamento che ci hanno fatto compagnia in queste difficili settimane non sembrano allontanarsi: temiamo semplicemente cose diverse. Insomma, la Fase 2 si sta dimostrando complicata quanto quella dell’emergenza. Scopriamo perché.

IL MOMENTO DELLA RESPONSABILITÀ – Nelle settimane di lockdown in fondo la mission era elementare: restare chiusi in casa. Organizzarsi è stato ovviamente molto complicato, ma l’indicazione di per sé era semplice e non lasciava margini di interpretazione. Ora invece ci è chiesto di assumere un comportamento molto più attivo: possiamo uscire ed incontrare gli amici, ma conservando il distanziamento sociale; possiamo andare a prendere il caffè al bar, ma solo secondo certe modalità di comportamento; possiamo fare sport all’aperto, a patto di usare fastidiosi dispositivi di protezione. Insomma, conservare le giuste condizioni di sicurezza e applicarle secondo quanto richiesto dalle diverse situazioni dipende in gran parte da noi e richiede un impegno e una vigilanza momento per momento. 

GLI ASSEMBRAMENTI – Sono i nemici numero 1 delle nostre giornate, eppure sono difficilissimi da prevenire e contrastare. Secondo la psichiatra e psicoanalista Adelia Lucattini, della Società Psicoanalitica Italiana (SPI) e International Psychoanalytical Association (IPA), la tendenza ad avvicinarci ai nostri simili anche più del dovuto è anche una conseguenza della sindrome da deprivazione sensoriale di cui abbiamo sofferto durante il lockdown. Trascorrendo intere giornate chiusi in una stanza in smart working o, nel caso dei bambini e degli adolescenti, in cameretta a giocare, fare lezione online o in chat con gli amici, ha fatto sì che i nostri sensi (vista, udito, tatto) non siano stati stimolati come di consueto da luce, suoni, variazioni della temperatura. In queste condizioni, la nostra percezione dei confini corporei diminuisce e restare a lungo in queste condizioni può causare inconsueti stati di stanchezza anche nel fare le cose più semplici. Quando poi ci troviamo ad uscire finalmente dal nostro guscio, siamo aggrediti dagli stimoli esterni ai quali non siamo più abituati: diventiamo così facili prede dell’ansia e tendiamo a cercare rifugio in altri luoghi chiusi, accalcandoci insieme a un numero maggiore di persone rispetto a quanto sarebbe consigliabile, ma anche avvicinandoci inconsapevolmente agli altri più di quanto vorremmo. Ecco perché gli assembramenti non sono solo segnale di desiderio di socialità, ma anche un bisogno istintivo di vicinanza, difficile da contrastare. 

PAURA E ANSIA - Di per sé non sono un fatto negativo. La paura è un’emozione primaria, fondamentale per la nostra difesa e per la sopravvivenza, che ci spinge a stare alla larga dai pericoli. Entro certi limiti è un aiuto, ad esempio il timore del coronavirus ci può aiutare a ricordarci di lavare le mani, indossare la mascherina e attuare determinati comportamenti. Quando però l’ansia diventa eccessiva, ci porta a comportamenti poco lucidi e controproducenti. Va quindi gestita e contenuta, sulla base di dati reali, in modo da attivarci solo di fronte a una minaccia vera, concreta. 

RESILIENZA – La resilienza, in fisica, è la capacità dei materiali di resistere a un urto o a uno sforzo senza spezzarsi o incrinarsi. In psicologia è la flessibilità e la capacità umana di adattarsi alle diverse situazioni senza farsi travolgere dalle difficoltà, ma trasformandole in occasioni di crescita e in un nuovo inizio. E’ insomma la virtù che più può aiutarci in questo momento. La resilienza ci aiuta anche ad essere consapevoli che, qualunque siano le condizioni in cui ci troviamo a vivere, abbiamo sempre la facoltà di attribuire un significato alle nostre azioni, e che di questo significato siamo responsabili in prima persona.  

DIAMOCI TEMPO E CERCHIAMO I LATI POSITIVI DELLE SITUAZIONI – Facciamo appello a tutto il nostro ottimismo e sforziamoci di cogliere gli aspetti positivi delle diverse situazioni che ci troviamo a vivere: lo smart working ci lascia più tempo per gestire la casa e la famiglia, ci siamo goduti tanti momenti in compagnia dei bambini, abbiamo scoperto di essere bravi in cucina. Ora è il momento di essere generosi con noi stessi: prendiamo atto delle nostre sensazioni ed emozioni, comprese quelle negative, e concediamoci il tempo di superare tutto questo, riconquistando le nostre libertà, muovendoci con senso di responsabilità negli spazi che tornano ad aprirsi davanti a noi, oppure anche assecondando il nostro desiderio di cautela, se questo ci fa sentire più sereni.