In termini tecnici si chiama detraining, ovvero “deallenamento”: come dice il nome stesso è l’insieme di quello che succede al nostro organismo quando smettiamo di svolgere attività fisica. Si tratta di un adattamento fisiologico allo stato di inerzia, qualunque ne sia la causa: potrebbe essere un infortunio, un periodo di malattia o, come sta accadendo in queste settimane, di circostanze particolari in cui la nostra vita è diventata di colpo molto più sedentaria a causa del lockdown. L’inattività fisica prolungata però ha una serie di effetti negativi, non solo sulla linea e sulla salute, ma anche sulla mente e sull’umore: per questo è importante mantenersi, o rimettersi, in attività al più presto.
CHE COS’È IL DETRAINING – Il deallenamento o detraining è la perdita, parziale o completa, degli adattamenti fisiologici, anatomici e di prestazione legati all'esercizio fisico. Si verifica come conseguenza di un periodo di tempo in cui la consueta attività fisica si riduce o viene a mancare del tutto, e coinvolge l’intero organismo a cominciare dalla massa muscolare, che si riduce a favore di quella grassa, ma che coinvolge anche la capacità aerobica, l’efficienza cardiaca e quella del sistema metabolico. Chi subisce maggiormente gli effetti del detraining sono gli atleti professionisti o chi si allena in modo intenso e regolare, ma il problema riguarda tutti senza eccezioni, con effetti che si avvertono già dopo 10-15 giorni di rallentamento delle attività.
IL METABOLISMO – Il fatto di non bruciare le calorie che assorbiamo con il cibo ha l’effetto immediato di farci ingrassare; la mancanza di esercizio comporta però anche la perdita di tonicità e di quantità della massa muscolare magra, che viene sostituita da massa grassa. Tutto questo comporta uno squilibrio del nostro metabolismo, con la tendenza ad accumulare maggiormente i grassi trasformandoli in veri e propri depositi. Uno studio, pubblicato sulla rivista scientifica Journal of Strength and Conditioning Research, ha preso in esame un gruppo di nuotatori professionisti: dopo cinque settimane di inattività ha registrato un aumento della quantità di grasso nel loro corpo fino al 12%, con conseguente aumento di peso e di circonferenza addominale.
LA RESISTENZA ALLA FATICA – Lo sappiamo bene: quanto siamo in forma posiamo ricorrere l’autobus o salire di corsa una rampa di scale senza sentirci affaticati e senza avere l’affanno. Quando invece ci abbandoniamo alla pigrizia, dopo due settimane di inattività, il “fiatone” non ci darà tregua al minimo sforzo. Questo accade perché diminuisce la quantità di ossigeno a disposizione dell'organismo, con un conseguente peggioramento delle condizioni degli organi vitali, mentre aumentano i livelli di pressione sanguigna e di glucosio nel sangue.
GLI EFFETTI SULLA MENTE – Se interrompiamo l’attività fisica, basta una sola settimana perché insorgano segnali come più difficoltà di concentrazione, maggiore affaticamento mentale e un peggioramento generale del tono dell’umore. Uno degli effetti dell’attività fisica è la stimolazione della produzione di serotonina e dopamina, neurotrasmettitori che donano una sensazione di piacevole energia. Al contrario lo sport contrasta la produzione degli ormoni dello stress, modulando positivamente il tono dell’umore. Inoltre, uno studio della University of Maryland (USA) ha dimostrato che una pausa anche breve nella pratica sportiva riduce il flusso di sangue che il cervello riceve. Gli studiosi hanno esaminato con la risonanza magnetica funzionale il cervello di un gruppo di atleti in buona salute, prima e dopo uno stop di 10 giorni nei loro allenamenti consueti, rilevando una riduzione significativa dell'afflusso di sangue ad alcune aree del cervello tra cui l'ippocampo, sede dei meccanismi della memoria. Fare sport regolarmente, dunque, ci aiuta a mantenere intatte nel tempo le nostre facoltà cognitive.
AUMENTA LA FAME NERVOSA – A una sana attività fisica si accompagna di solito uno stile alimentare più corretto. Il movimento controlla i livelli di cortisolo, l’ormone dello stress responsabile della fame nervosa, con un conseguente circolo virtuoso: chi si muove di più tende a mangiare meglio e in modo più consapevole, mentre chi si abbandona alla pigrizia si rifugia più frequentemente nel cibo spazzatura ed è preda della fame nervosa.
IL RIPOSO – Una sana stanchezza, conseguenza di una giornata fisicamente attiva, favorisce un sonno profondo e ristoratore, dopo il quale ci si sente energici e vitali. Per veder migliorare la qualità del sonno occorre però allenarsi in modo regolare per almeno due settimane.