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"Belle Storie" alla scoperta delle strade virtuali d'Italia: la Fase 2 parte dai quartieri

Dalla consegna delle mascherine ai picnic verticali, l'isolamento si combatte nelle Social Street

Socializzare con i vicini di casa, creare nuove amicizie, vivere il proprio quartiere: sono questi gli obiettivi delle Social Street, i gruppi Facebook nati per realizzare buone pratiche di vicinato che passano "dal virtuale al reale e virtuoso". Con l’emergenza Covid-19 e il distanziamento sociale, l’esistenza di una strada digital in cui potersi incontrare e trovare un supporto ha aiutato migliaia di persone ad affrontare la quarantena, sapendo di poter contare su chi abita a pochi passi da loro.

"Mi sono chiesto che destino potessero avere le Social Street in un periodo simile", dice a Tgcom24 Federico Bastiani, fondatore del progetto. Alla base della nascita di queste community, infatti, c’era la volontà di incrementare le interazioni sociali, creando eventi e occasioni di contatto tra condomini e concittadini.

"Quando mi sono traferito a Bologna con la mia famiglia non conoscevamo nessuno, lavoravo tutto il giorno, sapevo a malapena chi viveva nel mio palazzo - racconta Bastiani -. A settembre 2013, parlando con mia moglie, mi è venuta l’idea di sfruttare le potenzialità di Facebook per conoscere più facilmente i nostri vicini, così ho creato il gruppo chiuso 'Residenti di via Fondazza - Bologna'. Da una decina i membri sono diventati centinaia, fino ad arrivare ad oltre 1.800. Non credevo di ricevere una tale risposta".

Un successo che da Bologna si è esteso al resto d’Italia. Milano, Roma, Perugia, Catania: da nord a sud le Social Street hanno invaso ogni regione, raggiungendo anche altri Paesi del mondo.
Il fenomeno è diventato anche oggetto di attenzione da parte degli studiosi dell’Università Cattolica di Milano, che ha attivato l’Osservatorio sulle Social Street, coordinato da Cristina Pasqualini, ricercatore e docente dell'ateneo milanese. Con l’inizio della quarantena queste realtà virtuali sono nuovamente al centro di alcuni studi da parte dell’ateneo.

"Il lockdown ha fatto venir meno la possibilità di incontrarci per le vie della città. I contatti sociali si sono ridotti, ma le persone hanno continuato a sentire un legame con la strada, anche senza poterla vivere", spiega Niccolò Morelli, collaboratore scientifico dell’Università Cattolica.

"La pandemia ci ha insegnato che c’è una rete di vicinato, ci sono delle persone accanto a noi che magari non conosciamo ma che ci possono aiutare o possono avere bisogno di noi - spiega Morelli -. Creare una rete di amicizie nella strada diventa importante per non vivere la casa solo come una fortezza, ma anche come un luogo in cui socializzare".

Di Giulio Pinco Caracciolo, Carolina Sardelli e Matia Venini Leto

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