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Giustizia, Di Matteo: niente Dap dopo i timori dei boss | Bonafede: ipotesi infondata | Opposizione: si dimetta

Conte: "Fiducia nell'operato del ministro". Di Maio: "Pieno impegno contro le mafie". L'ex pentastellato Paragone: "Salvi la faccia e lasci"

E' bufera sul Guardasigilli Alfonso Bonafede. Tutto il centrodestra chiede le sue dimissioni. Motivo: lo scontro tra lui e un'icona dell'Antimafia, il consigliere del Csm Nino Di Matteo, che lo accusa di avergli prima offerto nel 2018 la guida delle carceri e poi aver fatto marcia indietro, dopo che alcune intercettazioni avevano rivelato le preoccupazioni dei boss per una simile prospettiva. "Ipotesi infamante e infondata", replica Bonafede.

Il sostegno del M5s "Respingo con convinzione gli attacchi politici o le congetture prive di fondamento rispetto a scelte compiute da Bonafede in piena autonomia", afferma da parte sua il capo politico del M5S Vito Crimi, ribadendo la "fiducia" sua e del movimento nei confronti del ministro. "Siamo entrati in Parlamento con il chiaro intento di fermare il malaffare e debellare le mafie. Il nostro impegno è stato massimo, in poco tempo abbiamo approvato leggi contro i mafiosi e inasprito le pene contro i corrotti", aggiunge il ministro degli Esteri Luigi Di Maio spiegando: "Bonafede ha sempre dimostrato di avere la schiena dritta e di non fermarsi davanti a nessuno". Gli altri partiti della maggioranza intanto frenano sulla richiesta dell'opposizione ("sarebbe gravissimo se un ministro si dovesse dimettere per i sospetti di un magistrato", avverte il vice segretario del Pd Andrea Orlando), ma chiedono al Guardasigilli di chiarire.

Conte: "Piena fiducia nell'operato di Bonafede" "Piena fiducia nell'operato di Alfonso Bonafede come ministro della Giustizia". Ad averlo sottolineato è il presidente del Consiglio Giuseppe Conte al termine della giornata di aspre polemiche politiche.

Il post su Facebook di Bonafede in cui ribadisce la sua verità Bonafede, che già domenica si era detto "esterrefatto" da una simile ricostruzione, con un post su Facebook ribadisce la sua verità e soprattutto definisce "infamante e assurda" l'idea che si sarebbe lasciato "condizionare dalle parole pronunciate in carcere da qualche boss mafioso". Così come rivendica di aver "sempre agito a viso aperto nella lotta alle mafie", come testimoniato dalle riforme sostenute e dai 686 provvedimenti di carcere duro che ha firmato.

Il caso Dap e il nuovo incarico affidato a Petralia Dopo le dimissioni del capo del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria Francesco Basentini, legate alle polemiche sulle scarcerazioni dei boss (in tutto sono 376 i detenuti mandati ai domiciliari per ragioni di salute) e la sua sostituzione in corsa con il Pg di Reggio Calabria Dino Petralia, un nuovo terremoto torna a scuotere la politica sulle carceri.

Lo scontro a distanza tra il pm Di Matteo e il Guardasigilli Il botta e risposta tra l'ex pm di Palermo e il ministro va in scena a "Non è l'arena". Di Matteo racconta che due anni fa Bonafede gli aveva proposto di dirigere il Dap o in alternativa gli Affari penali. Ma quando 48 ore dopo lui gli comunicò che accettava la direzione delle carceri, il Guardasigilli ci aveva ripensato. E queste avvenne dopo la reazione di alcuni "importantissimi capimafia", intercettati in carcere: "se nominano Di Matteo, per noi è la fine, questo butta la chiave".

La replica di Bonafede arriva con un'accesa telefonata in diretta: quella intercettazione "era già stata pubblicata". E "il fatto che avrei ritrattato, in virtù di non so quale paura sopravvenuta, non sta né in cielo né in terra", dice il ministro spiegando anche che l'incarico di capo degli Affari Penali che Di Matteo ha poi rifiutato, "non era un ruolo minore", era "lo stesso che ricopri' Giovanni Falcone". L'effetto dello scontro è immediato.

L'opposizione va all'attacco: si dimetta Giorgia Meloni già al termine della trasmissione invoca le dimissioni perché "ai disastri si aggiungono le ombre". "Bonafede venga immediatamente in Parlamento", dice Mariastella Gelmini, capogruppo Fi alla Camera, che non vede alternative: "o Di Matteo lascia la magistratura o Bonafede lascia il ministero della Giustizia". Anche la Lega sollecita il passo indietro: "Bonafede non può più essere il ministro della Giustizia", tuonano i parlamentari del partito di Salvini in Commissione Antimafia. Via Bonafede, ma non per Di Matteo, è invece la posizione del Partito radicale. "Dopo le scottanti dichiarazioni del pm antimafia, il ministro Alfonso Bonafede avrebbe l'ultima possibilità per salvare almeno la faccia: dimettersi sarebbe l'unica soluzione", ha invece dichiarato il senatore Gianluigi Paragone, ex M5S e oggi al gruppo Misto.

Il Pd chiede chiarimenti Chiarimenti al Guardasigilli vengono chiesti anche dalla maggioranza. "Siamo certi che il ministro al più presto verrà a riferire in commissione e in Parlamento sull'impegno del governo contro le mafie", dicono il responsabile giustizia del Pd, Walter Verini, e il capogruppo in commissione antimafia Franco Mirabelli, che giudicano comunque "irresponsabile" usare un tema come la lotta alle mafie "per giustificare l'ennesima richiesta di dimissioni". Invoca "la verità" Matteo Renzi, "prima di parlare di mozioni di sfiducia". "Voglio vedere se è un regolamento di conti" insiste il leader di Italia Viva, secondo cui la vicenda "rischia di essere il piu' grave scandalo giudiziario degli ultimi anni".

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