Volontaria Bloccata un mese in Africa

L'odissea di Francesca, volontaria italiana in Ghana durante la pandemia da coronavirus: il difficile rientro in Italia

La 25enne racconta a Tgcom24 la sua disavventura durata più di un mese: si trovava in Africa per supportare una comunità di bambini svantaggiati cui insegnava il francese

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Dal Ghana è tornata a casa, a Sommacampagna (Verona), Francesca Bertoncelli dopo un'odissea durata un mese.  Laureata in mediazione linguistica e proveniente da un’esperienza di lavoro all’estero, la 25enne era volata a febbraio in Ghana per un progetto di sei settimane che per lei significava coronare il sogno di una vita: aiutare i bambini nell’ambito di un progetto di volontariato insieme ad altri professionisti internazionali. Il 26 marzo sarebbe dovuta tornare in Italia, "ma il 15 viene indetto il lockdown nel Paese per via del coronavirus e il volo viene cancellato", spiega a Tgcom24. Così il suo sogno diventa un piccolo incubo sulla via del ritorno.

La ricerca di un volo e il contatto con l'ambasciata italiana ad Accra "Ho iniziato a cercare altri voli o altri mezzi ma sembrava impossibile, soprattutto perché ero a circa 800 chilometri da Accra, dove c'è anche l'aeroporto, e non c'erano più autobus che collegassero il villaggio Bolgatanga - spiega la ragazza -. Perciò non trovando nessun volo, vedendo che le compagnie di linea iniziavano a volare verso fine maggio, ho contattato l'ambasciata italiana. Ma all'inizio sembrava impossibile anche per l'ambasciata organizzare dei voli". 

Le pressioni dei senatori della Lega che accelerano l'iter per il ritorno "Quindi si è mossa la mia famiglia che ha contatto una rete di amici di infanzia tra cui l'ex senatore della Lega Federico Bricolo che a sua volta insieme alla moglie ci ha messo in contatto con gli attuali senatori Zuliani e Iwobi che ci hanno aiutato con l'ambasciata", evidenzia. Grazie all'intervento dei senatori, Francesca nota un'accelerazione dell'iter e mentre "all'inizio l'ambasciata diceva di essere paziente", poi c'è stato un cambiamento di marcia. "Il 19 aprile mi hanno contattato dicendomi di essere riusciti inserirmi su un volo che partiva il 22 per Bruxelles".

Il viaggio per Bruxelles "Avevo pochi giorni per spostarmi da Bolgatanga ad Accra, mi hanno detto che avrei dovuto contattare un autista o un taxi privato ma come avrei potuto?", osserva. Nessuno fa 16 ore di viaggio da un piccolo villaggio. "Io e agli altri volontari rimasti bloccati nel villaggio abbiamo dovuto mobilitare tutti i nostri contatti e abbiamo trovato un conoscente di un volontario che si è offerto disponibile a portarci ad Accra. Perciò siamo partiti e dopo 16 ore di macchina siamo arrivati. Ad Accra abbiamo trovato una persona che ci ha offerto ospitalità per una notte. Poi la partenza e l'arrivo a Bruxelles", continua.

La ragazza per fortuna non è mai stata sola. "Il viaggio l'ho fatto con una spagnola che ha preso lo stesso volo per Bruxelles, anche lei aveva avuto problemi con l'ambasciata spagnola - dichiara Francesca -. Non aveva avuto riscontri neanche lei. L'unica ambasciata che ha organizzato un volo è stata quella belga. Sono riusciti a includere anche noi. Ma rischiavamo di rimanere in Africa. Per fortuna abbiamo avuto persone che ci hanno aiutato".

Un mese rinchiusa in una casa nel villaggio con gli altri volontariNel periodo in cui è rimasta bloccata nel villaggio, Francesca e altri tre volontari sono rimasti rinchiusi in casa. "Eravamo chiusi in casa, poiché fuori la gente non prendeva precauzioni non c'era quasi nessuno che indossava la mascherina e i guanti. Putroppo o per fortuna i problemi sanitari locali sono molto più importanti del coronavirus, per loro non è così spaventoso anche perché il numero di morti totale fino alla data in cui sono partita era di 5 morti in tutto il Ghana". D'altronte spiega la giovane volontaria "la popolazione locale è molto giovane e la gente ha un tasso di contagio minore; per loro la malaria che a noi spaventa molto è un'influenza normalissima che possono gestire a casa senza medicinali. Identificano il Covid-19 come una malattia prettamente occidentale. Quando ci vedevano al mercato ci gridavano corona, corona".