Bergamo, alpini, ultras dell’Atalanta, volontari e immigrati insieme per l’ospedale: “Siamo qua a fare del bene”
A “Le Iene” le fasi della realizzazione della struttura in tempi record tra turni di 12 ore, cori e decontaminazioni ma soprattutto tanta voglia di aiutare la propria città
“Cosa facciamo oggi? Quello che serve”: delle parole semplici che racchiudono tutto l’impegno, la fatica e la voglia di aiutare di oltre 300 volontari che si sono messi al lavoro per costruire l’ ospedale da campo di Bergamo. “ Le Iene” hanno documentato la realizzazione della struttura che ha dato, e sta dando, un po’ di respiro alle terapie intensive della città lombarda così duramente colpita dal coronavirus. Alpini, volontari, infermieri, immigrati, giovani e anche ultrà dell’Atalanta: tutti hanno aiutato come potevano realizzando in soli sette giorni un vero e proprio miracolo, un ospedale.
Il lavoro è stato tanto: turni di dodici ore, decontaminazioni continue, lontani dalle famiglie mentre si ricevono i messaggi di parenti e amici che avvertono di stare male, che il virus ha preso anche loro. La fatica per queste persone è stata tanta ma come gridano in coro gli alpini e gli ultrà: “La gente come noi non molla mai”. Insieme hanno creato una struttura all’avanguardia come specifica Sergio Rizzini, direttore sanitario dell’ospedale: “Questo è stato un progetto specificatamente studiato per abbattere la possibilità di contaminazione. E’ l’unico caso in tutto il mondo tanto è vero che l’Oms ha chiesto di valutarlo perché potrebbe diventare un modello da esportare negli altri Paesi”.
Un motivo di orgoglio che spinge questi volontari a dare di più creando una rete di solidarietà che tocca le Rsa, le mense, le famiglie bisognose e purtroppo anche il trasporto delle bare. Nicola Cattaneo, artigiano e ultrà dell’Atalanta, non ha dubbi: “La forza di volontà mi ha portato qua. Questa è la soddisfazione più grande: fare del bene per i nostri cari che sono morti. Noi siamo qua per salvare delle vite”. E mentre il cantiere chiude i battenti, i martelli e i trapani si fermano: è ora il tempo del ronzio dei monitor, il rumore della vita che lotta contro il coronavirus.
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