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Mes: cos’è, come funziona e come può essere utile nell’emergenza Coronavirus il Fondo salva-Stati

Nelle ultime settimane il dibattito politico si è animato molto su quale potrebbe essere il suo ruolo nel contrastare gli effetti economici e finanziari della pandemia

Istockphoto

Il rapido diffondersi del Coronavirus in Italia ha messo in ginocchio l’economia e ha portato il Paese a richiedere un aiuto di natura europea. È proprio in questo contesto che si torna a parlare del Meccanismo Europeo di Stabilità (Mes), detto anche Fondo salva-Stati. Si tratta di un fondo monetario nato a settembre 2012, durante la crisi del debito sovrano, con lo scopo di dare sostegno ai Paesi membri in caso di crisi e di rischio default. Sostituisce due istituzioni, il Fondo europeo di stabilità finanziaria (Fesf) e il Meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (Mesf), ponendosi come principale mezzo per raggiungere la solidarietà dell’Eurozona.

L’organizzazione è regolata da un trattato internazionale e ha la propria sede a Lussemburgo. L’organo di comando principale è il Consiglio dei governatori, costituito dai ministri delle Finanze degli Stati membri, dal Commissario europeo per gli affari economici, dal Presidente dell’Eurogruppo e dal Presidente della Bce. Il suo obiettivo è prendere le decisioni relative al funzionamento del Mes​​​, come l’approvazione di una richiesta di adesione al fondo. Si aggiunge il Consiglio di amministrazione, formato da esperti in campo economico e finanziario, nominati dai governatori per svolgere i compiti a loro assegnati. Infine il Direttore generale, nominato ogni cinque anni, presiede le riunioni dei due enti.

Il Mes offre aiuto agli Stati tramite prestiti o linee di credito garantite dal capitale sottoscritto dai Paesi membri. Il capitale autorizzato è di 704 miliardi di euro, di cui 410 sono effettivamente a disposizione. 80 miliardi sono stati versati dalle nazioni attraverso una suddivisione in quote basato sul modello delle quote di capitale detenute nella Bce dalle banche centrali nazionali. L’Italia possiede il 17,79%, è il terzo Stato contributore, dopo Germania e Francia, e ha quindi versato 14 miliardi di euro. I restanti sono stati raccolti emettendo dei bond, obbligazioni sul mercato a tassi convenienti e con scadenze fino a 45 anni.

L’intervento del Fondo salva-Stati avviene quando è necessario per tutelare la stabilità finanziaria dell’Europa e dei suoi Paesi. Il Mes si attiva con la richiesta da parte di uno Stato, che deve specificare quale o quali strumenti finanziari ritiene utili. Una volta inviata la domanda, il presidente del Consiglio dei governatori autorizza la Commissione Europea e la Bce a constatare l’esistenza effettiva di un rischio, la sostenibilità del debito pubblico e le esigenze economiche di quel Paese. In caso di accettazione della richiesta, il passo successivo è negoziare un protocollo d’intesa (Memorandum of Understanding, MoU) per stabilire le riforme volte a migliorare l’economia nazionale: per esempio un aumento della vigilanza bancaria, stimoli alla crescita economica, riforme fiscali, tagli alla spesa pubblica o privatizzazioni.

Data l’emergenza Covid-19 che ha colpito in particolar modo il nostro Paese e sulla base del trattato in vigore attualmente, l’Italia avrebbe buone probabilità di accedere agli aiuti del Mes. Potrebbe avvenire tramite l’accensione di una linea di credito precauzionale rafforzata (Eccl), ovvero con una dimensione del 2% del Pil dello Stato richiedente (nel caso dell’Italia circa 36 miliardi di euro). Il Presidente dell’Eurogruppo, Mario Centeno, ha spiegato che tali risorse devono essere utilizzate specificatamente per sostenere i costi della risposta all’epidemia del Coronavirus. Durante una riunione dell’Eurogruppo, è stato inoltre aggiunto che, vista l’eccezionalità degli eventi, la condizionalità degli interventi potrebbe essere molto ridotta.

Secondo Alessandro Cascavilla e Giampaolo Galli dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani, date le circostanze, "un MoU con il Mes dovrebbe principalmente prevedere che le risorse stanziate per far fronte all’emergenza sia siano spese bene. L’obiettivo dovrebbe essere quello di garantire che gli interventi a sostegno dell’economia siano tempestivi, mirati e siano temporanei, cioè non comportino aggravi permanenti dei conti pubblici. Un piano di rientro dal debito dovrebbe essere attivato solo dopo la fine dell’emergenza e, date le profonde ferite sociali prevedibili a seguito della recessione da pandemia, non potrebbero che prevedere un aggiustamento graduale".

Articolo realizzato in collaborazione con il master biennale in giornalismo della IULM, contenuti a cura di Alessia Conzonato.

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