Francesca Michielin torna con "Feat": "Un lavoro collettivo per affermare la forza della diversità"
La cantautrice veneta pubblica il suo nuovo album che vede 11 featuring, dai Maneskin a Elisa passando per Fabri Fibra, Gemitaiz e Max Gazzè.. Tgcom24 ne ha parlato con lei
Si intitola "Feat (stato di natura)" il nuovo album di Francesca Michielin disponibile ora in tutti gli store e sui servizi di streaming. Un lavoro tematicamente incentrato sul concetto dell'incontro-scontro tra mondi diversi, sviluppato attraverso 11 brani, ognuno dei quali ha un diverso featuring. "Lo considero un lavoro collettivo, tanto più importante in un'epoca in cui l'egoreferenzialità la fa da padrona" dice lei a Tgcom24.
La Michielin arriva al quarto album della sua carriera con un progetto ambizioso, dove un concept a livello tematico si intreccia e sovrappone a un concept di tipo realizzativo. Un lavoro estremamente vario che va dal rock sporco di "Stato di natura", singolo che vede il featuring dei Maneskin e che esce in contemporanea con l'album, alla leggerezza pop di "Leoni". In mezzo tutta una sfera di sfumature che concorrono a esplicitare l'idea di incontro e scontro tra due realità come quella naturale e quella urbana. "Mi piaceva questa cosa della natura e dell'urban perché ho sempre insistito molto con l'ambito naturale, anche a livello attivistico - spiega -. Questa volta volevo in qualche modo concentrarmi su quello che sono io adesso: una veneta trapiantata in una grande metropoli. Tra l'altro ho vissuto a Bassano del Grappa, un ambiente molto intimo e bucolico, e mi sono trovata a Milano che forse è la città italiana dove l'aspetto metropolitano è più forte".
Per te è stato difficile adattarti?
Inizialmente la cosa che senti è che ti devi adattare, devi trovare i modi per respirare, cerchi nel nuovo ambiente un po' le cose che avevi prima. Invece devi accettare che devi adattarti a una nuova realtà. E così ho provato a raccontare questo incontro e scontro che si è svolto dentro di me. I brani sono arrivati in maniera naturale, non sono partita con l'idea di un concept, è venuto nel corso della scrittura.
Come lo hai sviluppato?
E' un concept particolare perché c'è una sorta di metalinguismo sonoro, dove la natura entra con un approccio molto analogico,, molto suonato, con campionamenti di suoni naturali come uccellini, temporali... e poi c'è l'aspetto più urban che è dato dalla fluidità di testo che c'è in tantissimi brani, è un disco è pseudorappato.
Al tema dell'incontro scontro tra urban e natura si sovrappone poi all'altra metà del titolo, "Feat": ogni brano ha un feauturing. Sei partita subito con questa idea?
E' nato tutto in maniera un po' consapevole e un po' no. L'idea di base era quella di creare un progetto che fosse collettivo. Mi interessava l'approccio della collettività in un momento come il nostro, in cui l'egoreferenzialità la fa da padrona. La diversità, che per me è ricchezza, è un po' un leit-motiv che porto avanti da parecchio tempo, già dai due album precedenti.
Sono nati prima i brani e poi hai scelto con chi condividerli o sono stati gli stessi ospiti a ispirarti compositivamente?
La maggior parte dei pezzi li ho proposti io agli artisti, altri sono nati dalla voglia di provare a costruire qualcosa in studio. Però alla fine è un progetto collettivo perché ho voluto uscire dalla comfort zone che ogni feat avrebbe suggerito. Se la gente poteva pensare ovvio per me ed Elisa una ballad, ho evitato di farla, il fatto di lavorare con Fabri Fibra non mi ha obbligato a fare un brano rap. E così via. E tutto è venuto in maniera naturale. Alcune cose sono state più ragionate, altre sono nate spontaneamente.
Si nota anche un ribaltamento di molti canoni classici di una canzone con featuring. A volte sembra che sia tu l'ospite e non viceversa. E' così?
A livello strutturale ho voluto mescolare le carte. Alcune canzoni iniziano cantante dall'ospite, oppure magari uno rientra in uno special e io faccio sia la strofa che il ritornello. Ho voluto giocare a evadere dalla modalità standard di questo brani, con il rapper che fa la strofa e la cantante il ritornello, o l'alternanza di una strofa a testa.
Qual è il concetto che sta dietro "Stato di natura"?
Dobbiamo tornare indietro un po' di anni, ai miei studi di filosofia. Nel '600 filosofi come Hobbes e Locke hanno teorizzato la necessita dell'uomo di darsi delle leggi e delle convenzioni istituzionali perché se fossero rimasti a uno stato naturale sarebbero si sarebbero ammazzati gli uni con gli altri. Analizzando oggi la nostra società trovo che è come se il mondo in cui viviamo si fosse capovolto: pur vivendo in uno stato di estrema urbanizzazione siamo tornati a essere delle bestie. Perché usiamo ciò che ci distingue in quanto esseri umani, cioè l'umanità e la parola, nel modo peggiore.
Il brano "Stato di natura" è decisamente rock. Lo hai scritto pensando già al feat dei Maneskin?
E' un brano che ha avuto una storia piuttosto lunga. E' stato enucleato un po' subito e concepito lungo tutto il processo di lavorazione del disco, ma alla fine è stato terminato tra le ultime cose. Perché volevo fosse un po' il manifesto del disco. Ho deciso di chiamare i Maneskin perché hanno un carisma eccezionale e perché Damiano poteva avere la visione giusta, da ragazzo di 20 anni. Perché spesso quando si parla tematiche femminile sembra che solo le donne possano esporsi e invece non credo sia così.
Con Elisa invece vi siete divertite con i ritmi latini raccontando la vostra comune origine...
Con lei ci siamo trovate d'accordo sin dall'inizio sul non fare una ballad. Mi piace sorprendere un po'. Con lei abbiamo creato quindi un brano dai forti contrasti, che parla della figura di persone del Nord-Est, come noi siamo. Volevo rendere omaggio al nostro modo di essere, dove spesso ci sono tanti non detti ma proviamo emozioni e sentimenti molto forti. E l'abbiamo fatto con un ritmo e strutture molto mediterranee, con addirittura un ritornello in spagnolo. Ma tutto con sonorità nordiche e l'autotune usato in maniera decontestualizzata rispetto a come si fa solitamente nella trap.
A proposito di contrasti: il tuo modo di vivere la musica è più razionale o istintivo?
Nella mia vita sono partita in modo molto razionale e oggi sono decisamente più instintiva. Anche qui si tratta di una questione di scontro-incontro. L'instinto ti serve nella parte iniziale, dove se metti troppo razioncino rischi di fare il compitino. Ma, spesso, in una seconda fase la razionalità è necessaria per dare la forma più adeguata a un brano.
L'emergenza sanitaria è scoppiata nel pieno della tua campagna di lancio per l'album e tu hai cambiato in corsa non rinunciando a gli eventi programmati per presentare alcuni brani, ma trasformandoli in esibizioni in streaming. Hai in mente qualcosa del genere anche per le prossime settimane?
L'unico modo per uscire da questo momento è accettarne la straordinarietà. Se saremo tutti bravi e collaborativi ne usciremo il prima possibile. Però stiamo tutti navigando a vista quindi per ora l'unico appuntamento che resta fissato è quello di settembre al Carroponte. Per il resto io vado a letta serena sapendo che ho fatto tutto quello che potevo per non far fermare la musica e portare avanti questo messaggio. Poi ogni giorno vedremo cosa potrà accadere.
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