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Volvo cambia gli standard dei test pensando alle donne

Volvo cambia le regole, perché finora i test sulla sicurezza hanno sempre preso a riferimento la corporatura media di un uomo

Crash-test, servono nuovi standard

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Dʼaccordo, le donne e gli uomini sono diversi per corporatura, peso, anatomia e fisiologia. Ed è vero che, in caso dʼincidenti automobilistici, la risposta che dà il corpo medio di un uomo è differente da quello di una donna. Ma è altresì vero che i crash-test fatti per rendere più sicure le nostre auto hanno sempre preso a riferimento il corpo di un uomo.

Volvo non ci sta e da tempo ha implementato una strategia di test volti a bilanciare le esigenze di uomini e donne. Queste ultime, infatti, sono quelle che corrono i rischi maggiori di riportare una lesione in caso dʼincidente d’auto. Ragion per cui la Casa di Goteborg ha sviluppato i suoi sistemi di sicurezza tenendo conto di uno standard diverso dalla corporatura media di un uomo. Può farlo grazie al “Volvo Traffic Accident Research Team”, un dipartimento nato nel 1970 e che da allora a oggi ha raccolto dati su oltre 40 mila vetture e 70 mila persone coinvolte in incidenti stradali.

Da questo lavoro sono nati i nuovi sistemi di protezione contro i colpi di frusta (poggiatesta Whips) e contro gli impatti laterali (airbag Sips). In poche parole, oggi le cinture di sicurezza, i poggiatesta e gli airbag laterali Volvo minimizzano gli effetti degli urti sui passeggeri a bordo di un veicolo. Il sistema Sips riduce di oltre il 50% i traumi gravi al torace rispetto ai modelli Volvo precedenti alla sua introduzione. E oggi lʼazienda lavora per proteggere la parte bassa della schiena, o zona lombare, di tutti gli occupanti di una vettura.

A favore delle donne è pensato anche l’airbag “Inflatable Curtain” (IC), che ha utilizzato manichini virtuali per crash test considerando una donna incinta di corporatura media. Il modello computerizzato consente di studiare aree come quella del movimento della donna e del feto in caso dʼincidente. Volvo non si tiene per sé i dati raccolti in 50 anni, perché ha deciso di condividere le conoscenze acquisite e le competenze in materia con governi, enti regolatori e di ricerca.

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