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WipEout: quando finimmo nel futuro

Astronavi e acid house, gli anni della grande Inghilterra anni ’90 al servizio dei videogiochi

IGN

Si può dare una data al futuro? No, per definizione il futuro è ciò che accadrà, dopo. Come l’avviso che è appeso da una vita nei bar “Domani si beve gratis”, domani però, sempre domani. In alcuni casi, in tanti casi, i videogiochi ci hanno trascinato di colpo nel futuro. Alfieri della tecnologia, hanno accorciato velocemente i tempi, scovato scorciatoie, triturato calendari creando l’equivalente di un tunnel temporale, almeno nella nostra percezione di esseri umani (e consumatori) molto semplici.

Il futuro ha una data, la ha avuta: 29 settembre 1995, all’epoca festeggiato e promosso come “PlayStation Friday”. Era, quello, il venerdì che vedeva atterrare la prima console marchiata Sony, allora debuttante vista di sottecchi da Nintendo e Sega, se non apertamente con irriverenza. In parte anche giustificata, sia chiaro: solo pochi mesi prima 3DO Company, con alle spalle Panasonic, era riuscita in un sontuoso buco nell’acqua con il suo primo hardware da gioco.

Il 29 settembre 1995 arriva PlayStation e, per sicurezza, si porta dietro WipEout. Il gioco viene realizzato da Psygnosis, un team inglese che aveva già dimostrato di che pasta fosse fatto negli anni precedenti, concentrandosi sul mercato dei computer e microcomputer. Con WipEout, però, l’etichetta che ha una civetta nel proprio simbolo, fa segnare un salto qualitativo e produttivo che nessuno riusciva anche solo immaginare all’epoca.

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WipEout è un gioco di corse in cui a sfidarsi sono le astronavi iscritte a un ipotetico circuito di gran premi del futuro. Non hanno ruote e non si preoccupano di fermarsi ai box: fluttuano sospese a un metro da terra e si cibano del beat irresistibile dell’elettronica dell’epoca. WipEout trascina un futuro bladerunneriano nei televisori a tubo catodico, fa sua la scena musicale di Chemical Brothers e Orbital, si lustra i muscoli con l’olio digitale concesso dal possente hardware di Sony ed entra nell’immaginario collettivo di una generazione.

Quello realizzato da Psygnosis non è solo un progetto intelligente e furbo nel riunire suggestioni visive e sonore, nel pescare i giusti colori e i giusti battiti. No, WipEout è anche un ottimo gioco, quando si stringe quel nuovo controller grigio tra le mani. Rispetto all’episodio successivo, pubblicato solo un anno dopo, si dimostra più rigido e meno rifinito nel modello di guida, ma è comunque sufficiente a spingere una legione di giocatori, vecchi e nuovi, a sciogliersi di fronte al televisore e dentro le spire digitali del CD dal polimero nero di PlayStation.

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