FOTO24 VIDEO24 2

Coronavirus, medici in quarantena: "I malati della zona rossa lasciati soli"

Lettera di due dottoresse "Nessuno riesce a visitare i pazienti". E gli infermieri dell'ospedale di Codogno protestano: "Abbandonati dai colleghi"

Coronavirus, a Milano mascherine pronte all'uso sulle bancarelle degli ambulanti abusivi

1 di 1
Il mercato nero fiuta l'affare delle mascherine introvabili e si organizza. Così, a Milano, alle prese con le limitazioni regionali per evitare la diffusione del coronavirus, gli ambulanti abusivi, presenti con le loro bancarelle improvvisate nei mezzanini della metropolitana, hanno cambiato gli articoli in vendita per pochi euro e si sono messi al passo coi tempi. Eccole, allora, le mascherine aperte e già pronte all'uso a far bella mostra nei passaggi più trafficati della metro meneghina. La foto, probabilmente scattata nei corridoi di passaggio alla stazione Garibaldi, sta facendo il giro del web e non mancano i commenti ironici: "Le mascherine sono già aperte perché i milanesi vanno di fretta"

L'Ordine dei medici ha diffuso la lettera di denuncia di due dottoresse di medicina generale dalla zona rossa lombarda che denunciano come i quattro medici di base della zona del Lodigiano siano in quarantena o ricoverati e i pazienti positivi al coronavirus con polmonite non abbiano la possibilità di essere visitati. In sostituzione ai medici di famiglia, per un bacino di 6mila abitanti, ne è stato mandato soltanto uno.

"Siamo due colleghe di un paese nell'epicentro dell'epidemia. Siamo in quarantena da venerdì - si legge nella missiva inviata al presidente della Federazione
nazionale degli ordini dei medici Filippo Anelli e al Presidente dell'Ordine dei Medici di Lodi, Massimo Vajani - e tutti i pazienti che abbiamo visitato a domicilio dal 10
febbraio per patologie respiratorie sono risultati positivi al coronavirus. Io ne ho visti 7, e 6 la mia collega. Due di loro sono morti e 6 di cui abbiamo notizia sono in rianimazione".

"Abbiamo pazienti con polmoniti da Covid-19 accertati lasciati a domicilio perché non gravi - proseguono - ma devono essere visitati. Anziani malati, oncologici a domicilio a cui hanno annullato tutte le visite e si sentono abbandonati". E quindi "per senso di responsabilità abbiamo deciso di non muoverci dall'ambulatorio per poter rispondere alle centinaia di chiamate che da venerdì e soprattutto tra sabato e domenica hanno affollato i nostri telefoni, per alleggerire il gravoso lavoro degli altri operatori".

Milano si rianima, nei mercati torna la gente (anche senza mascherina)

1 di 47
2 di 47
3 di 47
4 di 47
5 di 47
6 di 47
7 di 47
8 di 47
9 di 47
10 di 47
11 di 47
12 di 47
13 di 47
14 di 47
15 di 47
16 di 47
17 di 47
18 di 47
19 di 47
20 di 47
21 di 47
22 di 47
23 di 47
24 di 47
25 di 47
26 di 47
27 di 47
28 di 47
29 di 47
30 di 47
31 di 47
32 di 47
33 di 47
34 di 47
35 di 47
36 di 47
37 di 47
38 di 47
39 di 47
40 di 47
41 di 47
42 di 47
43 di 47
44 di 47
45 di 47
46 di 47
47 di 47

"Già da domenica - raccontano - abbiamo segnalato la situazione e trovato due medici disponibili ad aiutarci. Ne è stato mandato uno solo per due paesi, con due
mascherine in dotazione. Noi due da remoto facciamo le ricette, ma tutto il personale della farmacia è in quarantena e le titolari servono un paziente per volta dalla finestra, le code sono chilometriche".

Le due dottoresse, che preferiscono non far comparire i loro nomi, descrivono una situazione decisamente difficile: "Ieri il collega appena arrivato, nonostante i cartelli, si è trovato in ambulatorio un paziente febbrile e dispnoico. E' arrivato il 112 adeguatamente protetto, ma lui con la sua unica mascherina ha dovuto pulire poi la sala d'attesa". Intanto, "la mia collega qui con me in ambulatorio ha fatto il tampone domenica 23 e ancora non le è stato comunicato il risultato".

Le due dottoresse a conclusione della lettera chiedono che venga inviato subito un medico dotato di adeguate misure di protezione che possa visitare anche le persone con febbre, la riapertura del Pronto Soccorso di zona (Codogno o Casale) e dei laboratori di analisi: "Lodi scoppia - concludono - abbiamo vissuto altre emergenze e sempre si si sono aperti ospedali da campo, qui ne abbiamo 2 semivuoti e sono stati chiusi". Infine chiedono che gli ospedali vicini si facciano carico dei pazienti gravi,
specie quelli oncologici, non positivi.

Protestano anche gli infermieri di Codogno Anche i tre infermieri del reparto di Medicina dell'ospedale di Codogno protestano per la situazione: sono stati a contatto con il "paziente 1" e ora nessuno dei colleghi vuole dar loro il cambio. Soprattutto dopo che uno dei tre, avendo la febbre, si è isolato nella zona degli ambulatori. E ora i tre denunciano una situazione insostenibile: sono in servizio, ininterrottamente, dalla sera del 20 febbraio.

Espandi