"Dal primo istante dell’emergenza non abbiamo lasciato i nostri ammalati nemmeno per un istante. Alcuni di noi, tra medici e infermieri, sono infetti e lottano adesso contro il virus. Non siamo eroi e non pretendiamo gratitudine per il nostro lavoro: ma ascoltare dalle massime cariche dello Stato certe parole, che moralmente uccidono più del virus, fa male e ci umilia". Così replica Giorgio Scanzi, primario di medicina dell'ospedale di Codogno, alle accuse, poi smorzate, di Conte.
E anche l'ex premier Matteo Renzi interviene a favore dei medici e del personale dell'ospedale di Codogno. "Vorrei - dice - che tutto il Paese, senza eccezioni e senza polemiche, dicesse in queste ore il proprio grazie ai medici, agli infermieri, al personale sanitario, ai volontari. A cominciare dai medici di Codogno e della Lombardia, da giorni in prima linea contro il coronavirus".
"Il paziente uno - ricostruisce un aiuto del pronto soccorso - si è sentito poco bene venerdì 14 febbraio. Da Codogno è andato a farsi visitare a Castiglione d’Adda. Il suo medico, risultato poi positivo e ora ricoverato, gli ha prescritto farmaci contro una sindrome influenzale. Domenica 16 gli è salita la febbre e si è presentato in ospedale qui a Codogno. Non ha indicato collegamenti, nemmeno indiretti, con la Cina. La moglie, incinta, era asintomatica e stava bene. Lui era in codice verde. abbiamo aggiustato la terapia e l’abbiamo dimesso. Si è ripresentato mercoledì 19, la febbre non scendeva e precauzionalmente è stato ricoverato in osservazione in medicina. Solo giovedì 20 quando sono esplosi i problemi respiratori, la moglie si è ricordata degli incontri con un amico italiano, negativo ai test, rientrato dalla Cina il 21 gennaio. Il protocollo coronavirus, tampone più isolamento, è scattato immediatamente". Ma ormai era troppo tardi.