LE ICONE DEI VIDEOGIOCHI

Dante, il cacciatore di demoni più stiloso di sempre

Tranci di pizza, un cappotto di pelle e un arsenale infinito per sbudellare orde di demoni: così Capcom ha disegnato per Devil May Cry l’icona action per eccellenza

© IGN

Prima del 2001, al mondo dei videogiochi mancava qualcosa. C’erano già mascotte per tutti i gusti, ed eroi o eroine per cui perdere la testa, ma non c’era un vero divo d’azione. Non tanto John Rambo ma piuttosto John McClane: un eroe un po’ sporco, in grado di compiere azioni incredibili senza mai perdere né la calma, né il senso dell’umorismo. La lacuna venne colmata da Capcom quando pubblicò Devil May Cry. Al suo protagonista, Dante, bastarono pochi minuti sullo schermo per entrare nella storia dei videogiochi.

Nelle sue fasi iniziali, il progetto era stato pensato come facente parte dell’universo di Resident Evil (stando alle parole di Shinji Mikami in un'intervista del 2001). Al lavoro sul protagonista c’era Hideki Kamiya, che al tempo chiamava il suo pupillo con un nome molto diverso da quello attuale: Tony Redgrave (utilizzato poi in seguito come pseudonimo dallo stesso personaggio).

Una volta lasciati alle spalle Raccoon City e i suoi zombie, Kamiya buttò lo sguardo oltre i confini del Giappone, in cerca di ispirazione. La trovò proprio nella nostra penisola, e per la precisione in uno dei testi più importanti della letteratura italiana: la Divina Commedia di Dante Alighieri. Non fu solo il protagonista a prendere il nome da lì: la stessa sorte toccò ad altri personaggi principali, come Trish (Beatrice) e Vergil (Virgilio).

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Hideki Kamiya disse di aver pensato il cacciatore di demoni come una persona “con la quale andresti fuori volentieri per una bevuta”: non un mero spaccone, ma piuttosto un personaggio con cui i giocatori avrebbero potuto stabilire un legame. Per quanto riguarda la personalità, la maggiore fonte di ispirazione fu il manga Cobra, di Buichi Terasawa e il suo omonimo protagonista (un avventuroso pirata spaziale).

Dante è un anti-eroe con un lato oscuro: sfrutta il sangue di demone che gli scorre nelle vene per scatenare dei poteri sovrannaturali e tutto il primo Devil May Cry è stato sviluppato attorno alle capacità di combattimento del cacciatore.

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Il personaggio di Dante è cambiato più volte nel corso degli anni, attraversando un ciclo di invecchiamenti e ringiovanimenti da far impallidire anche il più navigato dei chirurghi estetici. Dal primo al secondo capitolo, il cacciatore di demoni si è fatto più maturo e taciturno, perdendo un po’ della sua arroganza originale mantenendo però inalterate le capacità in combattimento e l’outfit caratteristico.

Invece, in Devil May Cry 3 lo ritroviamo ancora più giovane (anche rispetto all’esordio): in questo prequel, il carattere di Dante è molto più simile a quello di un tempo ed è messo in risalto dalla presenza del suo ben più pacato fratello, Vergil.

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Il suo successivo invecchiamento in Devil May Cry 4 non ha portato a un nuovo stravolgimento della personalità: il cacciatore, affiancato da un nuovo comprimario (Nero), continuava a distinguersi per lo stile caratteristico e venne immaginato dal suo designer, Tatsuya Yoshikawa, come “la superstar hollywoodiana del cinema d’azione definitiva”.

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Poi arrivò Ninja Theory: a cinque anni di distanza dal precedente capitolo, Capcom si affidò a uno studio esterno per riprendere la serie, chiedendogli di avvicinarlo ai gusti di un pubblico più giovane.

Dante rimase sé stesso (in un certo senso) nello spirito, ma stavolta cambiò radicalmente a livello esteriore: notevolmente più giovane, senza la chioma argentata e con un cappotto meno ingombrante, questa nuova versione venne ampiamente criticata dai fan e non trovò seguito. Nel quinto capitolo infatti, pubblicato l’anno scorso, Capcom ha riportato alla luce il vecchio design del personaggio, modificando invece quello di Nero per differenziarlo ancora di più dal figlio di Sparda.

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Quello che ha reso famoso Dante e che ha permesso a Devil May Cry di distinguersi dalla concorrenza è l’enfasi posta dagli sviluppatori sullo stile. Non è tanto importante che tipo di nemico si affronti, ma piuttosto in che modo ci si sbarazzi di lui: ogni elemento d’intralcio al puro divertimento, all’azione frenetica e alle mosse più epiche e bizzarre viene messo da parte.

L’esempio perfetto in questo è l’assenza di caricatori da Ebony e Ivory, le pistole impugnate dal cacciatore di demoni, in grado persino di mantenere in aria un nemico a suon di proiettili (infiniti). Nel corso del tempo, l’arsenale si è fatto più ampio e le possibilità in termini di movimento ancora più variegate e, nonostante tutti i cambiamenti interiori o esteriori “subiti” dal protagonista, la serie non ha mai rinunciato al proprio stile caratteristico.

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Le apparizioni di Dante non si fermano alla serie di videogiochi. Oltre a poter vantare un anime, dei racconti e dei manga, il protagonista di Devil May Cry è andato spesso a visitare altri lidi videoludici: da Viewtful Joe (figlio anche lui della mente vulcanica di Hideki Kamiya) a Shin Megami Tensei, passando dalle carte da gioco di SNK vs. Capcom: Card Fighters DS e i picchiaduro della serie Marvel vs. Capcom.

Il successo di questa icona del mondo dei videogiochi è fuori discussione: quale sarà il prossimo passo del figlio di Sparda?