Women Power

"Mettere insieme capacità diverse può migliorare il lavoro e le relazioni"

Appassionata di cucina, curiosa e creativa: Cristina Ziliani, Direttore Comunicazione di Guido Berlucchi & C, si racconta a Tgcom24

di Carlotta Tenneriello

Frequentatrice dei vigneti fin da piccola, è da sempre legata al vino e alla produzione di spumante, ma il nuovo progetto di Cristina Ziliani, Direttore Comunicazione di Berlucchi, è di ampio respiro: "Academia" vuole essere un punto di incontro e di scambio culturale importante e significativo nella Franciacorta.

Ciao Cristina, inizierei da qui: donne e spumante. 
Un’immagine che mi piace. Le donne sono effervescenti: tante bollicine che convergono in un solo bicchiere. Le donne hanno maggiori possibilità di convivere.

E Cristina e lo spumante?
In effetti, per quello che mi riguarda, non è stata una vera scelta, ma una sorta di destino programmato. Mio padre Franco, straordinario enologo, è stato il primo a produrre spumante nel 1961, quando ancora la Doc Franciacorta era un sogno. Fu chiamato da Guido Berlucchi, discendente della nobile famiglia dei Lana de' Terzi, che produceva un vino bianco chiamato Pinot del Castello perché le uve arrivavano dai vigneti di un piccolo maniero di sua proprietà, per riuscire a rendere limpido il vino delle cantine. Mio padre propose a Berlucchi di creare in Franciacorta un metodo classico alla francese: fu il primo del territorio. 

Una strada già segnata, la tua.
Da piccola mi piaceva andare nelle vigne, adoravo stare tra i filari, ma non mi immaginavo impegnata professionalmente nell’ambito del vino. In estate mio padre faceva partecipare me e i miei due fratelli alla vendemmia nel vigneto Mancapane, che doveva il suo nome proprio all’estrema povertà del dopoguerra. Mi divertivo moltissimo, mi piaceva il mosto, che assaggiavo, e poi vedere finalmente il vino in bottiglia. 

Quindi l’inserimento in azienda…
In realtà, mio padre aveva già stabilito i ruoli che io e i miei due fratelli avremmo ricoperto: mio fratello Arturo aveva un destino segnato come enologo e responsabile della produzione, mentre Paolo si sarebbe occupato dell’aspetto commerciale e delle relazioni con i clienti. Per me era stato pensato un ruolo di staff in ambito amministrativo, ma onestamente non era affatto nelle mie corde.  Aggiungo che avevo trascorso un anno in Inghilterra per imparare l’inglese e lì maturai un interesse sempre più spiccato per la comunicazione.

Cosa è successo allora?
Prima di iniziare a lavorare in azienda, avevo fatto parte di un team che girava l’Italia per un programma TV americano. Fu molto divertente e la cosa interessante è che la sera si festeggiava sorseggiando Berlucchi. Iniziai a rendermi conto di quanto la Franciacorta fosse amata e, assaggio dopo assaggio, mi sono avvicinata all’azienda. Non ho mai seguito la parte produttiva, ma l’assenza di contatto col prodotto e il dovermi occupare solo di numeri mi sono sempre stati stretti. D’altra parte, sono convinta che nel lavoro i risultati migliori si ottengano quando si ha passione per quello che si fa, per cui piano piano iniziai a ritagliarmi un ruolo nella comunicazione, ambito nel quale ho cominciato a lavorare definitamente negli anni ‘90. 

Che bambina sei stata?
Da piccola ero una vera rompiscatole, volevo sempre essere il capo anche coi miei fratelli, ma d’altronde ero anche la primogenita! Ho sempre odiato la differenza di trattamento tra uomini e donne e ho sempre cercato di abbassare il senso di superiorità dei maschi. 

Cosa sognavi di diventare? 
Il mio sogno più importante era avere una famiglia e dei figli. In effetti, ho centrato l’obiettivo: mi sono sposata e ho avuto tre ragazzi, che oggi hanno 32, 27 e 24 anni e per la verità sono già nonna. Ho una splendida nipotina di un anno e mezzo che adoro e di cui mi vorrei occupare di più. Credo di voler smettere di lavorare! 

Lasciare il posto ai tuoi ragazzi: è una possibilità?
Ritengo che sia fondamentale venire a lavorare nella azienda di famiglia dopo aver fatto una significativa esperienza in altri contesti: nessun privilegio e una solida preparazione sono la base di partenza ideale in ambito professionale.

Conciliare lavoro e famiglia non è sempre facile.
Sono stata fortunata, perché lavorare nell’azienda di famiglia è indubbiamente un grande vantaggio; il senso di colpa però è sempre in agguato. Aggiungo che è stata dura anche in casa, perché mio marito aveva una mentalità un po’ vecchio stampo, per cui non nascondo che i primi anni di matrimonio non è stato affatto semplice farmi accettare come moglie e madre che lavora, oltretutto in un ruolo di una certa responsabilità. Riuscire a ritagliarsi spazi che consentano di essere una brava mamma e un buon manager non è scontato. Nel mio piccolo, le mie lotte le ho fatte anche io. 

Donna e manager: cosa ne pensi?
Non è facile, ma il tempo è dalla nostra parte. Noi donne ci accorgiamo di cose che gli uomini non vedono nemmeno. Inoltre la sensibilità tipica femminile aiuta a creare rapporti interpersonali duraturi che vanno anche oltre l’ambito strettamente professionale. 

Parliamo un po’ di te: ai fornelli come te la cavi?
La cucina mi piace tantissimo, dà sfogo alla mia creatività. Non ho mai seguito dei corsi, ma lo desidero fortemente: magari lo farò quando andrò in pensione. Amo l’idea di toccare con mano e mangiare il frutto del proprio impegno, a maggior ragione oggi, perché vi è una grande consapevolezza e una particolare attenzione verso l’alimentazione e il mondo del cibo. 

“Academia Berlucchi”, un progetto a cui tieni molto.
Sì, è un progetto che ho fortemente voluto e che pone Berlucchi al centro di attività artistiche e culturali in cui ci si possa confrontare; per realizzare Academia mi sono avvalsa della collaborazione e del supporto di Francesco Morace, sociologo di fama. E’ un evento che si tiene annualmente nelle sale di Palazzo Lana Berlucchi, che vorrei far diventare anche un museo aziendale. Il prossimo appuntamento di Academia è fissato per il 3 ottobre, ma avremo anche una “puntata” primaverile fissata al 25 marzo presso Identità Golose Milano Hub: sarà un dialogo tra Enrico Giovannini e Sarah Brizzolara, la rappresentante del movimento Fridays For Future di Milano. 

Come ti definiresti?
Io sono di natura molto curiosa, mi interessa conoscere la vita delle persone, mi piace organizzare incontri: trovo che mettere insieme capacità diverse possa migliorare il lavoro e le relazioni. Amo lavorare in team e amo condividere: sono una buona mediatrice, lo ammetto.