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Coronavirus, giovani a rischio “psicosi”: 1 su 4 evita ristoranti e negozi cinesi

Il rischio psicosi è dietro l’angolo: più di 1 su 3 guarda con maggiore sospetto le persone cinesi in viaggio in Italia, il 18% teme il contatto con i compagni di classe originari del Paese asiatico.

Ansa

Consapevoli, forse più del previsto, ma non per questo meno spaventati. I ragazzi dimostrano di essere ben informati sull’emergenza che sta allarmando il mondo intero: il propagarsi del nuovo coronavirus. A dirlo una ricerca effettuata dal portale Skuola.net, in collaborazione con il Prof. Giuseppe La Torre del Dipartimento di Sanità Pubblica e Malattie Infettive dell’Università “Sapienza” di Roma, su oltre 5mila giovani di età compresa tra gli 11 e i 30 anni.

La maggior parte di loro, infatti, è a conoscenza dei principali sintomi della malattia. Questo nonostante la fonte d’informazione primaria siano i social network, luogo naturale d’attracco di fake news e allarmismi incontrollati. Nozioni di base che, però, non li rendono immuni ai comportamenti irrazionali, da vera e propria “psicosi”.

Il rischio contagio spaventa anche i ragazzi

All’ottima preparazione teorica, infatti, lo stesso campione accompagna un approccio un po’ meno “illuminato” nei confronti dei residenti in Italia di origine cinese, lontanissimi dalla fonte del contagio. Circa 1 su 4 confessa, dopo la diffusione dell’infezione, di tenersi a debita distanza da ristoranti (24%) e negozi (26%) gestiti da orientali. Per non parlare di quel 10% che allontanerebbe persino un eventuale compagno di classe o amico di origini cinesi, a cui si aggiunge un 5% che lo inviterebbe a evitare i contatti e un 3% che si metterebbe la mascherina in sua presenza.

Il turista cinese fa paura

Quantomeno un po’ più aderente al reale profilo di rischio è la paura di trovarsi a contatto con chi proviene dai luoghi in cui si è generato il virus: oltre 1 su 3 – il 36% - ammette che il proprio atteggiamento nei confronti dei turisti cinesi, in questo periodo, è notevolmente peggiorato. 

Buona la preparazione di base su cause e sintomi

Numeri che testimoniano come il tam tam dei social possa condizionare anche chi ha buone informazioni di base. L’80% di dei ragazzi, ad esempio, sa benissimo che il mezzo di trasmissione principale del coronavirus sono le goccioline di saliva contenute nei colpi di tosse e negli starnuti. Ancora più elevate le percentuali di chi individua in tosse e febbre alta le manifestazioni più evidenti del contagio: risponde a colpo sicuro l’85% del campione. Unica nota negativa il fatto che appena l’11% inserisca nell’elenco dei sintomi anche la diarrea.

Le fake news hanno vita difficile

Buona la dimestichezza persino con informazioni più specifiche, quelle che in questi giorni convulsi potrebbero passare in secondo piano. Come il fatto che i tempi d’incubazione della malattia varino dai 10 ai 15 giorni. Ma il 63% è preparato anche su questo. Stesso discorso in merito alla bufala che indica negli animali da compagnia un possibile veicolo del coronavirus: al momento non ci sono evidenze di ciò e il 60% dei ragazzi intervistati ne è al corrente.    

Porte aperte al vaccino (quando ci sarà)

Un vaccino contro il coronavirus? L’80% dice, giustamente, che ad oggi non ne è stato ancora realizzato alcuno. Ma il 72%, qualora ciò avvenisse, prenderebbe in seria considerazione l’ipotesi di vaccinarsi. A prescindere dagli aspetti di prevenzione, il 60% degli intervistati sa che già esistono delle cure per contrastarlo.

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