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Videogiochi: un sindacato unico per tutelare gli sviluppatori di tutto il mondo

All'industria videoludica serve un ente globale che difenda i lavoratori: tra precariato, mesi di straordinari e stipendi minimi per coloro che garantiscono il divertimento altrui (e guadagni milionari alle aziende), è tempo di una svolta

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Creare videogiochi diventa ogni giorno più complesso: dietro a una grafica sempre più realistica, ai mondi giganteschi e completamente esplorabili, alle storie interattive e al divertimento di milioni e milioni di giocatori da ogni parte del mondo, ci sono persone comuni, esseri umani costretti a trascorrere settimane, mesi, interi anni di fronte a un computer con lo scopo di finire quanto prima il progetto e rispettare scadenze sempre più ristrette.

Al contrario di ciò che si potrebbe pensare, dietro a un'industria che anno dopo anno continua a macinare incassi da record, ci sono lavoratori spesso precari, costretti a lavorare fuoriorario, a fare gli straordinari sei giorni su sette compromettendo la loro salute fisica e benessere psicologico, correndo persino il rischio di essere licenziati una volta concluso lo sviluppo di un grosso progetto, così che l'azienda possa risparmiare il costo di centinaia di salari nei momenti in cui non è richiesta un'elevata forza-lavoro, guadagnando milioni di dollari con le vendite dei videogiochi.

Programmatori, disegnatori e animatori sono costretti a lavorare per cento ore ininterrottamente (come successe durante lo sviluppo di Red Dead Redemption 2, presso Rockstar Games), guadagnando circa 10-12 dollari l'ora in base al loro grado d'esperienza, e mantenere questi ritmi fino alla consegna del progetto.

Una pratica diventata ormai prassi in moltissime software house di spessore: Rockstar Games (GTA), Blizzard (World of Warcraft, Overwatch) e Riot Games (League of Legends) sono solo alcuni dei team accusati di obbligare i propri dipendenti a fare gli straordinari pur di rispettare le scadenze imposte dai publisher per la pubblicazione di un videogioco, contenuto aggiuntivo o update sul mercato, una pratica conosciuta come crunch e considerata uno dei maggiori mali che affligge l'industria dei videogiochi.

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Per questo e per tanti altri motivi, tra cui razzismo, discriminazioni sessuali, casi di violenza psicologica e licenziamenti ciclici anche nel caso di aziende in piena salute, da qualche anno sono nati dei veri e propri sindacati nazionali, come l'ente francese STJV (Syndicat des Travailleurs du Jeu Vidéo) e quello britannico Game Workers Unite UK, branca della IWGB (Independent Workers Union of Great Britain).

Ma nonostante l'apporto di questi enti e iniziative isolate, come quella del sindacato dei doppiatori SAG-AFTRA (che, dopo uno sciopero di 11 mesi, è riuscito a ottenere un aumento dei salari e un miglioramento delle condizioni lavorative per i propri assistiti), la situazione nel mondo dei videogiochi non è cambiata. O almeno, fino a oggi.

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L'ente Communications Worker of America (CWA), sindacato statunitense che conta più di 700mila membri, ha lanciato una nuova iniziativa votata a tutelare i dipendenti dell'industria videoludica. L'obiettivo, come indica il presidente Chris Shelton, è di creare un unico sindacato che possa assistere i dipendenti di aziende videoludiche e tecnologiche, aiutandoli a esercitare i propri diritti e di ottenere un netto miglioramento delle proprie condizioni lavorative.

Così, l'organizzazione ha dato il via all'iniziativa Campaign to Organise Digital Employees (CODE-CWA), che offrirà la propria competenza e risorse al fine di dar vita a un unico sindacato che possa tutelare gli sviluppatori da ogni parte del mondo. Per farlo, CWA si avvarrà della collaborazione di due esperti in materia, tra cui la co-fondatrice di Game Workers Unite Emma Kinema.

"Pensiamo che i lavoratori siano più forti quando sono uniti all'interno di un unico sindacato, così da non rischiare di essere messi l'uno contro l'altro", commenta Kinema, "Nulla di tutto ciò fa bene alla salute al mondo dei videogiochi e della tecnologia. Società e dipendenti devono collaborare se vogliamo rendere quest'industria migliore". Non resta che sperare che gli sforzi dell'ente statunitense portino ai risultati attesi.

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