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"Nelle realtà digitali c’è davvero tanto bisogno del punto di vista femminile"

Coraggiosa e determinata, Elena Lavezzi, Head of Southern Europe di Revolut, si racconta a Tgcom24

Appassionata di calcio, ma decisa a lavorare in azienda, Elena Lavezzi a soli 32 anni è già una top manager ai vertici di Revolut, start up di grande successo.

Elena Lavezzi, Head of Southern Europe di Revolut

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Buongiorno, Elena. So che lei è giovanissima…
Ho 32 anni, ma è parecchio tempo ormai che lavoro dopo essermi laureata e quindi ho già avuto l’opportunità di affrontare diverse sfide professionali che mi hanno portato a ricoprire il ruolo che oggi ho in Revolut.
 
Che bambina è stata?
Sono sempre stata bravissima, una bambina molto tranquilla e diligente a scuola. Mi piaceva giocare a calcio, appena potevo andavo a tirare due calci al pallone; ma anche il tennis era uno sport che amavo, e ogni tanto andavo a palleggiare in cortile. Ho sempre tifato per il Milan, ma oggi purtroppo non lo seguo più come una volta. 

Che cosa sognava di fare da grande?
Sembra strano forse, ma siccome dopo la scuola spesso trascorrevo il pomeriggio con i miei nonni in ufficio, per passare il tempo chiedevo carta e penna: ero felicissima. Mi venne quindi la voglia di fare proprio quello, cioè lavorare in ufficio. 
 

Quasi naturale allora scegliere la strada da intraprendere.
Ho frequentato il liceo scientifico perché mi piaceva la matematica e ammetto di non aver mai avuto problemi; dopo la maturità l’iscrizione alla facoltà di economia, consapevole che mi avrebbe facilitato nel trovare una opportunità lavorativa e magari anche quella di fare diverse esperienze all’estero.
 
Ha viaggiato molto, non è così?
Confermo. Dopo la laurea, ho viaggiato molto in Europa, in USA e anche in India, dove sono stata per diversi mesi: una straordinaria occasione per conoscere persone diverse e realtà diverse. Proprio in India, per esempio, ho viaggiato parecchio anche all’interno del Paese, che ha moltissime facce differenti: usi e costumi variano tantissimo da città a città. Mumbai, ad esempio, ha una forte impronta internazionale; New Delhi è estremamente aperta, un vero crocevia; altre città invece sono più conservatrici e legate alla tradizione. Un fatto curioso? Quando si inizia una nuova attività o si apre un ufficio, si chiama un santone che benedice i locali spargendo fiori e incenso: molto suggestivo e caratteristico. 

Quanto agli States, cosa mi racconta?
E’ passato parecchio tempo, ormai, ma ricordo la permanenza a New York con grande piacere. E’ stata la mia prima esperienza lavorativa, vivevo a Chelsea e lavoravo a Soho. Mi occupavo di marketing per le aziende italiane che desideravano affacciarsi al mercato statunitense. L’inizio non fu facile perché ero sola, ma New York è una città decisamente accogliente, forse più di Londra per esempio.
 

Alla sua formazione non ha fatto mancare nulla, nemmeno un Master.
Vero, ho frequentato un Master spostandomi tra Londra e Parigi, ma poi ho deciso che la mia strada era quella delle aziende piccole che operano in ambito hi-tech e digital.

Per questo ha scelto Revolut? 
Revolut è una azienda fintech molto frizzante e in continua evoluzione. Offre la possibilità di aprire conti  online in pochi minuti attraverso una app, che non solo consente di gestire movimenti finanziari e di valute, ma anche di tenere sott’occhio le spese di casa con grandissima semplicità. Si tratta di uno strumento che impara, se così si può dire, il nostro stile di vita e che più ci conosce, più ci aiuta nel controllare le spese. Da poco inoltre sono attive anche funzionalità per le donazioni  verso le associazioni benefiche e la possibilità di investire in Borsa. Ci rivolgiamo a un pubblico vasto rendendo accessibili e facili molti servizi che prima erano riservati solo a chi era decisamente più competente.

Un’attività che le richiede grande impegno; cosa fa nel tempo libero, ammesso che ne abbia?
Ho sette cani, che vedo appena posso; nel fine settimana poi cerco di stare all’aria aperta e mi concedo lunghe passeggiate, oppure gioco a golf con mia mamma o mi regalo una partita a tennis. In generale, comunque, cerco di riposarmi e ricaricare le pile.
 
Donne e start up: il suo punto di vista?
Nelle realtà digitali c’è molto bisogno di un punto di vista femminile per poter parlare a un pubblico trasversale. Si tratta di un tema fondamentale affinché si possa costruire aziende di successo a partire da ora.

Lei è attiva anche nel sociale…
Sono cofondatrice, insieme a Riccardo Pozzoli, Charley Vezza e Tommaso Chiabra, di Unicef Next Gen con l’obiettivo di avvicinare una nuova generazione di donatori e attivisti: un nuovo capitolo per Unicef dal linguaggio contemporaneo vicino al mondo dei millenials.

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