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Ben più di un semplice marsupiale: ecco la storia di Crash Bandicoot!

Come cambiare nome e specie nel tentativo di diventare la mascotte Sony.

Avete presente Naughty Dog? L’azienda statunitense è ormai identificata con prodotti di altissima qualità, con un particolare occhio al reparto narrativo e un non so che di cinematografico: è merito loro se abbiamo i vari Uncharted e The Last of Us, ma se guardiamo alle loro produzioni meno recenti riscopriamo un passato molto diverso.

Nello specifico, per incontrare il personaggio di oggi, dobbiamo tornare con la mente al 1996, ovvero l’anno del debutto ufficiale; se potessimo invece infilarci nella testa dei suoi due padri, Andy Gavin e Jason Rubin (nientemeno che fondatori di Naughty Dog), potremmo spingerci anche un po’ più indietro

Sony, a quel tempo, voleva una mascotte per la sua nuova console, la prima, grigissima e indimenticabile PlayStation. Già all’inizio degli anni novanta però, questo desiderio non sembrava molto in linea con le tendenze di mercato: le licenze non erano più blocchi di granito capaci di resistere a tutto e a tutti, ma piuttosto merce da prendere in prestito previo cospicuo pagamento. Ma dalla terra del Sol levante non vollero sentire storie: volevano una faccia (virtuale) da associare a quella scatola magica appena immessa sul mercato.

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A quanto pare, Gavin e Rubin volevano un animale, ma non uno comune: volevano ricreare lo stesso effetto ottenuto da Sega con Sonic, o da Warner Bros. con Taz; in altre parole, cercavano una specie in grado di cogliere di sorpresa gli utenti. Restrinsero il campo a tre razze di mammiferi australiani, tutti nomi capaci di fare alzare le sopracciglia ai più e di indirizzarli subito al più vicino motore di ricerca: vombato, potoroo e bandicoot. La scelta ricadde sul vombato, almeno in un primo momento: il nome, che l’avrebbe accompagnato durante tutta la fase di sviluppo del suo primo gioco, era “Willie il Vombato”. Solo più tardi, quando si virò verso il bandicoot, la futura mascotte ottenne il nome con cui sarebbe diventata famosa: Crash!

Quando guardiamo le sue immagini, non stiamo soltanto ammirando il lavoro creativo di qualche designer, ma anche la rappresentazione su schermo del detto “fare di necessità virtù”. Crash Bandicoot è stato infatti uno dei molteplici casi di personaggi entrati nell’immaginario comune (anche) grazie a dettagli grafici dettati dalle limitazioni della periferica in uso. Per esempio, il colore del suo pelo fu scelto per esclusione, perché quello più adatto a spiccare rispetto a una determinata gamma di sfondi che lo studio di sviluppo aveva scelto. Perché un bellissimo protagonista non serve a niente se poi i giocatori faticano a vederlo, no?

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Allo stesso modo, Crash fu costretto a dire addio a capi di abbigliamento sfarzosi o a parti del corpo “superflue” come la coda per evitare che questi pixel di troppo si muovessero in maniera poco prevedibile nel corso del gioco. E i famosi jeans corti? Inizialmente dovevano essere ben più lunghi, ma a quanto pare andavano molto poco d’accordo con le caviglie del nostro caro marsupiale. Pensare poi che gli ultimi ritocchi, che l’hanno portato a trovare finalmente la sua espressione allegra sul volto, sono stati dati nel giro di quindici, decisivi minuti.

Già, perché quando Naughty Dog mostrò Crash per la prima volta ai piani alti di Sony Computer Entertainment Japan, la loro reazione fu tutt’altro che entusiasta e l’aspirante mascotte andò vicinissima alla bocciatura. Andy Gavin, che qui ci piace immaginare all’apice della sua pacatezza, prese da parte la responsabile del rendering, Charlotte Francis, e le dette la bellezza di quindici minuti per rendere l’espressione del marsupiale meno minacciosa. Qualche ritocco qui e là, in una sessione intensiva di make-up videoludico, ed eccoci pronti a fare la storia di PlayStation.

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In totale, la serie di Crash Bandicoot conta 15 videogiochi all’attivo, più due remake recenti – N. Sane Trilogy del 2017 e Crash Team Racing Nitro-Fueled, 2019. I primi quattro si devono a Naughty Dog, dopodiché il marsupiale cambiò casa: i suoi genitori naturali se ne andarono, una volta adempiuti gli obblighi contrattuali, e il nome di Crash passò di mano in mano, approdando in studi di terze parti e perdendo di fatto lo status originale di mascotte di proprietà Sony.

Crash Bandicoot è stato party game, gioco di corse e altro ancora, ma soprattutto platform. La caratteristica principale del marsupiale arancione, che lo ha accompagnato negli anni a venire – anche quando gli sviluppatori gli fecero dono di altri, importanti strumenti – è il suo colpo a trottola. Nel primo Crash Bandicoot (1996, come dicevano prima) era l’unico vero attacco a disposizione del protagonista (assieme al sempreverde salto sulla testa del nemico), ma il vortice bandicoot si distingueva per la capacità di respingere di tutto: proiettili, barili esplosivi, avversari, diventando la principale arma per interagire con il mondo di gioco e sconfiggere gli agguerritissimi boss.

Ancora oggi, pur essendo lontani gli anni da volto ufficiale delle console Sony, Crash Bandicoot mantiene una certa fama e può vantare una folta schiera di fan – tra cui alcuni paleontologi, che hanno dato il suo nome a un antenato dei moderni bandicoot, una specie vissuta milioni di anni fa. Niente male, per essere un personaggio rifinito nel giro di quindici minuti.

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