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Vita da detenuti: Stasi lavora come centralinista, Bossetti ripara macchine per il caffè

Tutte le occupazioni dei carcerati dichiarati colpevoli di reati gravi, che hanno riempito a lungo le prime pagine dei quotidiani. Olindo Romano è addetto alla cucina mentre la moglie Rosa Bazzi lavora il cuoio

Alberto Stasi centralinista, Cosima e Sabrina Misseri sarte, Olindo Romano addetto alla cucina, la moglie Rosa Bazzi un po' lavora il cuoio, un po' fa l'inserviente, mentre Massimo Bossetti è un tecnico addetto alla riparazione delle macchine per caffè. Sono i lavori in carcere di alcuni detenuti dichiarati colpevoli di gravi reati, che hanno riempito a lungo le prime pagine dei quotidiani, dividendo l'Italia tra innocentisti e colpevolisti.

Stasi, giudicato responsabile dell'omicidio a Garlasco (2007) della fidanzata Chiara Poggi, trascorre diverse ore al call center di una nota compagnia telefonica operativo nel carcere di Milano Bollate,

Olindo e Rosa, autori della strage di Erba (2006), sono rispettivamente nelle case di reclusione di Opera e Bollate. In quest'ultimo carcere vi è anche Bossetti, condannato per l'omicidio di Yara Gambirasio (2010) e inserito in un progetto messo a punto tra una cooperativa fondata da ex detenuti e un'azienda che produce macchine da bar per caffè espresso: quelle non più funzionanti vengono riparate e rigenerate dai detenuti e rimesse sul mercato a prezzi vantaggiosi.

Tra i detenuto "noti" c'è anche chi ha deciso di studiare e chi invece ha scelto di non far nulla. L'ex caporalmaggiore Salvatore Parolisi, condannato per l'omicidio della moglie Melania Rea (2011), ad esempio, ha scelto di frequentare a Bollate uno stage di formazione per essere inserito nello stesso call center nel quale lavora Stasi.

Veronica Panariello, colpevole dell'omicidio del figlio Lorys (2014), frequenta nel carcere di Torino un corso per operatore sociale. Michele Buoninconti, condannato per l'omicidio della moglie Elena Ceste (2014) fa il tutor universitario nel carcere di Alghero: lui fa studi accademici ed è anche figura di sostegno per altri detenuti-studenti.

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