Torna sul palcoscenico del Teatro Franco Parenti (dall'11 al 22 dicembre), dopo una lunga tourneé di successo, "Cita a ciegas (Confidenze fatali)" dell’argentino contemporaneo Mario Diament, scoperto da Andrée Shammah, che lo ha tradotto e che cura la regia, e con Gioele Dix. "Un thriller in cui però con grande attenzione introspettiva i vari personaggi mettono in luce i loro rapporti... chiamiamoli d"amore", racconta a Tgcom24 Gioele, che interpreta il personaggio principale.
Ci racconti di cosa parla "Cita a ciegas" e qual è il suo ruolo
Diament, scrittore argentino grande ammiratore di Borges, ha scritto un testo nel quale al centro c'è uno scrittore che rievoca lo stesso Borges. E' un uomo cieco, non dalla nascita, che vede le persone e le cose...in altro modo, andando oltre le apparenze visive. Una sorta di psicoanalista, suo malgrado, che siede su una panchina in un parco e accanto al quale si siedono avvicendandosi gli uni agli altri, una serie di personaggi, che con lui si si confessano, svelando anche inquietanti dettagli della loro vita e incrociando i propri destini...
Un thriller? Una commedia introspettiva?
E'un thriller, c'è persino un omicidio, ma c'è una bellissima introspezione nel testo che fa emergere le relazioni e i rapporti, chiamiamoli anche d'amore tra i vari personaggi. E' una sorta di girotondo di destini, perché le persone che compaiono nei 5 quadri della pièce, si alternano sulla panchina accanto allo scrittore in un incrocio tale, che dimostra come nella vita gli snodi siano molteplici. A volte li cogliamo a volte no, a volte decidiamo di seguire una certa intuizione alte no, così la vita prende una piega diversa e ci si immagina cosa sarebbe successo se invece si fosse presa una decisione diversa. E'un'applicazione teatrale di "Sliding Doors" che suscita quella parte di curiosità che tutti abbiamo su come sarebbero andate le cose se avessimo preso un'altra strada...
Borges stesso teorizza l'idea dei mondi paralleli. Secondo lui viviamo più esistenze, una è ufficiale ma ci sono altri noi stessi che fanno altre cose, vivono altre vita. E questa follia letteraria apre molti scenari divertenti e inaspettati.
Cosa farebbe o sarebbe Gioele Dix in una vita parallela alla Borges?
Farebbe lo psicoanalista che è ciò che volevo fare. Ho iniziato a studiare Psicologia a Padova e volevo cominciare l'impervia strada della psicoanalisi su di me, perché è questo che fanno i futuri psicoanalisti. Ma ho preso un altro snodo... non so se avevo la vocazione, ma certo è qualcosa che avevo dentro, mia madre mi racconta che quando da piccolo mi chiedevano cosa volessi fare da grande rispondevo: l'attore. E in effetti ammiravo molto i comici come Stanlio e Ollio e Jerry Lewis
Tra l'attore e lo psicoanalista ci sono dei punti in comune...
Sì siamo entrambi scrutatori dell'anima
Come si è preparato a questo ruolo?
Non essendo noi fanatici dell'Actor Studio non ho passato tre mesi in un istituto per ciechi, ho cercato solo di capire, cosa potesse significare essere ciechi, ho provato anche a vedere cosa succedeva girando per casa a occhi chiusi ma soprattutto ho provato a rafforzare la parte dell'ascolto. Il personaggio che interpreto non porta occhiali scuri, ma ha gli occhi aperti e mi sono abituato a tenerli aperti facendo impressionare la gente perché non è facile guardare ma non vedere.
Ho provato a capire cosa succede se si riesce ad essere più sensibili, in ascolto e ho capito che abituandosi ad ascoltare si possono sentire infinite nuances, movimenti del corpo, sussulti... a percepire. L'allenamento che fa il mio personaggio è quello di rafforzare la sua capacità di stare in attesa delle mosse degli altri e poi azzardare...
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Come è cambiato Gioele Dix dopo questo spettacolo?
Mi è sempre piaciuto ascoltare, ascoltare non è una cosa inerte, ci sono pessimi ascoltatori e buoni ascoltatori. Tra marito e moglie in fondo quando ci si accusa si dice sempre: tu non mi ascolti mai, perché purtroppo quando ci abitua alle persone non le si ascolta più.
Credo che, senza esagerare, questo ruolo mi abbia permesso di riflettere sulla opportunità di dare più credito alle persone, di ascoltare se si ha voglia di ascoltare ovviamente, per sentire.
Crede nel destino?
Moderatamente. Siamo, secondo me, in una zona mediana come credevano i greci antichi, che dicevano che gli uomini potevano agire sul proprio percorso anche se poi l'ultima parola spettava agli dei. Ecco noi siamo fortemente in grado di modificare e orientare la nostra vita... ma non totalmente
Regista scrittore e attore, qual è l'abito che porta meglio?
quello dell'attore, l'attore perché lo faccio da più tempo e ho imparato a farlo. Il regista è un ruolo che mi piace, che posso fare, ma non mi considero un regista e tantomeno uino scrittore... piuttosto uno scrivente, come dice Roland Barthes.
Il testo e lo spettacolo sono molto attuali perché si parla di mancanza di comunicazione tra le persone, la ricetta per uscire da questa impasse potrebbe essere quella di provare a vedere come se si fosse ciechi?
Siamo molto bombardati da immagini e da cose che stanno molto in superficie... arriva tanta roba senza alcuna selezione.
Immaginare di essere a occhi chiusi ci costringe a selezionare.
Potrebbe essere una provocazione, una metafora per dire che a volte selezionare e scegliere cosa vedere, cosa ascoltare, a cosa dedicarsi potrebbe essere una buona cosa per vivere meglio...
CITA A CIEGAS
(Confidenze fatali)
di Mario Diament
traduzione, adattamento e regia di Andrée Ruth Shammah
con Gioele Dix – Laura Marinoni, Elia Schilton – Sara Bertelà, Roberta Lanave
scena Gianmaurizio Fercioni