Continua a lievitare il numero di persone che, nel corso del 2019, stanno facendo domanda per il riscatto della laurea. Secondo gli ultimi dati diffusi da Pmi.it – il portale delle piccole e medie imprese italiane – dall’inizio dell’anno siamo già a 44mila richieste. I dati ufficiali dell’Inps, fermi a fine luglio parlavano di oltre 32mila domande; le proiezioni tornano. Un picco (nel 2018 ci si fermò ben al di sotto delle 30mila domande) - registrato soprattutto nel settore privato - in gran parte giustificato dal nuovo vantaggioso regime agevolato introdotto dalla legge 26/2019, la stessa che contiene le disposizioni su ‘reddito di cittadinanza’ e ‘quota 100’. Oltre la metà delle richieste, infatti, sono proprio frutto dell’incentivo: siamo nell’ordine delle 23mila unità. Lo scrive Skuola.net.
“Riscatto agevolato”, quanto costa?
Un sistema, quello del ‘riscatto agevolato’, che permette di farsi riconoscere ai fini previdenziali gli anni spesi per prendere un titolo di studio di livello accademico, consentendo di anticipare i tempi della pensione (cosa che già avveniva). Ma, eccola la novità, a un costo decisamente inferiore rispetto agli standard: 5.239,74 euro per ogni anno di corso (fino a cinque anni, anche non continuativi; niente fa fare, invece, per gli anni fuori corso) da versare nelle casse dello Stato. Un tetto ricavato moltiplicando l’aliquota del contributo Ivs da versare all’Inps (attualmente è il 33 per cento) per il reddito minimo soggetto a imposizione dalla gestione previdenziale Artigiani e Commercianti (pari a 15.878 euro). Alla fine, quindi, si potranno spenderanno al massimo poco più di 26mila euro, rateizzabili anche in dieci anni, che varranno alla stregua di contributi derivanti da lavoro. Le somme da pagare, però, sono destinate ad aumentare: già per chi farà domanda nel 2020, dovendosi adeguare ai minimi contributivi.
Riscatto della laurea, ecco chi può risparmiare
Una vera manna dal cielo per una generazione di laureati – la norma copre gli iscritti all’università dal 1996 in poi, anno dell’entrata in vigore del sistema previdenziale contributivo – per i quali, a causa della crisi occupazionale, l’età e l’ammontare della pensione sono diventate sempre più un’incognita. E che fino allo scorso anno erano stretti in una morsa. Da un lato non avevano potuto versare sempre i contributi da lavoro (non avendolo, il lavoro). Dall’altro non avevano potuto neanche approfittare del riscatto della laurea, viste le cifre iperboliche previste principale ragione del crollo delle domande negli anni: la quota annuale da versare, infatti, col regime ordinario è pari a un terzo dell’ultima retribuzione annuale lorda percepita. Ora, invece, è stato calcolato che per un lavoratore medio il risparmio dovrebbe aggirarsi attorno al 40 per cento, in alcuni casi si può arrivare addirittura al 70 per cento; dipende dall’ammontare dello stipendio.
Un esperimento che non conviene a tutti
Ecco spiegato il successo della riforma. Che, alla luce dei primi incoraggianti dati, aveva spinto il Governo a paventare la messa a pieno regime del nuovo sistema, con un possibile allargamento della platea (di cui però non se n’è saputo più nulla). Perché, ricordiamolo, il riscatto agevolato per ora è solo un esperimento: sarà valido per il triennio 2019-2021 e, come detto, va a coprire solo una fetta di laureati (chi ha preso una laurea dal 1996 in poi e ha versato almeno una quota nella gestione Inps dove intende riscattare). Comunque tanti: secondo le stime sarebbero poco meno di 4 milioni gli italiani potenzialmente coperti dallo ‘sconto’. Non a tutti, però, conviene aderire. Sembra assurdo ma è così: per chi ha già versato, dal 1995 in poi, una buona quantità di contributi il consiglio è di informarsi prima. Potrebbe essere più saggio restare fedeli al metodo di classico.