A Genova salta l'intitolazione del ponte a Quattrocchi, la famiglia: "Non vogliamo essere fonte di divisioni in città"
La scelta dell'amministrazione era caduta su una passerella da sempre nota come "Ponte Firpo" dal nome del partigiano ucciso nelle vicinanze. La sorella del soldato ucciso in Iraq ha deciso di rinunciare
C'è un altro ponte che divide Genova. Non è il Morandi, ma è una passerella pedonale che passa sopra il torrente Bisagno: da sempre noto come "Ponte Firpo" dal nome del partigiano ucciso nei pressi, doveva essere intitolato alla memoria di Fabrizio Quattrocchi, l'italiano rapito e ucciso in Iraq nel 2004. Ma la sorella ha detto no. "Non voglio - ha spiegato Gabriella Quattrocchi - un ponte divisivo. Mio fratello era un uomo che univa, non che divideva".
E così, il sindaco di Genova Marco Bucci ha fermato tutto dopo le proteste della famiglia di quel soldato premiato con la Medaglia d'oro al Valore civile della Repubblica italiana. La manifestazione per intitolare il ponte al soldato italiano era in programma il 2 dicembre, dopo la scelta presa dalla commissione toponomastica del Comune. "Quel ponte - ha aggiunto ancora Gabriella - si prospetta sin dalla sua origine come fonte di sofferenza e contrasti non voluti, sia per noi sia per la famiglia Firpo". Era Attilio Firpo, il partigiano "Attila", l'uomo che fu ucciso vicino a quel ponte, chiamato appunto "Passerella Firpo".
"Ho appreso con sofferenza e disagio di questa situazione preesistente di cui la mia famiglia non era a conoscenza - scrive ancora Gabriella in una lettera aperta ai concittadini -. Sono molto dispiaciuta, tuttavia non posso che sostenere a gran voce il desiderio di tutelare la memoria di Fabrizio, chiedendo di evitare sterili polemiche, fonte di sofferenza. Per queste motivazioni fondanti non sarò presente alla cerimonia".
Chi era Fabrizio Quattrocchi Fabrizio Quattrocchi era in Iraq come guardia di sicurezza di una compagnia privata italiana quando fu rapito a Baghdad, insieme ad altri tre connazionali, il 12 aprile del 2004. Con lui vennero sequestrati anche Maurizio Agliana, Umberto Cupertino e Salvatore Stefio dagli uomini della Brigata Verde del profeta, uno dei gruppi che aderivano ad Al Qaeda. Quattrocchi fu ucciso due giorni dopo il sequestro con un colpo di pistola alla nuca e prima di morire si rivolse agli assassini con quell'ultima frase, "Vi faccio vedere come muore un italiano", rimasta negli anni legata alla sua figura. Originario di Catania, Quattrocchi da tempo viveva a Genova dove era penettiere nel forno del padre. Sottufficiale di Fanteria, riservista e con un brevetto di parà, nel 2001 decise di diventare guardia del corpo, collaborando con agenzie di security fino all'incaricon in Iraq. Nel 2006 gli è stata conferita la Medaglia d'oro al valor civile alla memoria.